Basta guardare qualcuno in faccia un po’ di più per avere la sensazione, alla fine, di guardarti in uno specchio. [Paul Auster]
Il sistema dei neuroni specchio è stato individuato per la prima volta nei primi anni ’90, quasi per errore, dal gruppo di ricerca di Parma diretto da Giacomo Rizzolatti (formato da Luciano Fadiga, Leonardo Fogassi, Vittorio Gallese e Giuseppe di Pellegrino) nella corteccia pre-motoria dei macachi. Quasi per caso, durante una pausa in una sessione sperimentale di registrazione dalla corteccia motoria di una scimmia, hanno osservato l’emissione di segnali nonostante l’animale fosse perfettamente immobile. La scimmia stava osservando lo sperimentatore afferrare un oggetto e i suoi neuroni della corteccia hanno mostrato un’intensa attività.
Da prima si pensò a un artefatto tecnico ma ripetendo l’esperimento i segnali si ripresentavano. I ricercatori capirono così che questi neuroni si attivavano sia quando la scimmia eseguiva l’azione sia quando vedeva qualcun altro compierla. Da qui nacque la definizione di neuroni a specchio a sottolineare la loro duplice valenza, osservazionale ed esecutiva. Questa scoperta è stata sorprendente, poiché – fino ad allora – i neuroni erano stati divisi in neuroni motori (che permettono l’esecuzione del movimento) e neuroni visivi (che visualizzano i movimenti). I neuroni a specchio invece sono sia motori che visivi e soprattutto rispondono selettivamente allo scopo dell’azione cioè, per esempio, all’afferrare. In altre parole, i neuroni a specchio sono capaci di trasformare una rappresentazione sensoriale (il vedere) in una motoria (il fare).
Questi neuroni risultano fondamentali anche per l’immaginazione. Possiamo pensare di compiere dei movimenti, per esempio. Pensiamo a un atleta che poco prima della performance ripassi mentalmente il gesto tecnico che deve compiere. Per farlo usa il proprio sistema a specchio. Gli stessi neuroni che si attiveranno durante il gesto motorio si attivano anche mentre pensiamo a quello stesso atto. Qualcosa di simile succede nel compiere un gesto gentile o maleducato: osservarlo o immaginarlo innesca le stesse aree.
Grazie al fatto che i neuroni a specchio si attivano sia nel fare l’azione vera sia nell’osservarla o immaginarla si possono spiegare molte altre attività complesse del nostro cervello, come per esempio l’empatia.
Guardando in faccia una persona abbiamo la capacità di sentire il suo stato d’animo, sappiamo leggerne e decodificarne le sensazioni e comprenderne le emozioni, in altre parole siamo capaci di capire se è di buon umore, se soffre o in generale quello che prova. Possiamo anche non conoscere la persona ma sappiamo interpretarne le emozioni solo guardando la sua espressione.
Questa capacità del nostro cervello spiega anche la capacità degli esseri umani di imparare per imitazione, cioè semplicemente guardando gli altri. Il meccanismo specchio sottende la nostra peculiare capacità di unificare quello che fanno gli altri con le nostre capacità, questo processo, in neurobiologia, viene chiamato esperienziare. Non c’è un cervello che capisce e uno che sa fare, ma c’è l’unificazione delle due capacità: capire e saper fare. Infatti, grazie al meccanismo a specchio noi siamo in grado di replicare ciò che sanno fare le altre persone, guardando e imitando, insomma imparando.
Questo meccanismo a specchio ha suscitato grande interesse nel campo scientifico e ci ha permesso di spiegare il modo attraverso cui impariamo e ci relazioniamo con gli altri; inoltre si sta studiando come questo meccanismo a specchio possa essere compromesso in alcune condizioni patologiche caratterizzate da deficit sociali-cognitivi, come per esempio autismo, schizofrenia e psicopatia.
Si pensa inoltre che i neuroni specchio possano essere usati nella medicina riabilitativa, post-intervento o nel periodo di fisioterapia post-ischemia; infatti, si è dimostrato che il solo far vedere dei filmati ai pazienti immobilizzati sia sufficiente per mantenere attive le aree motorie anche in assenza di movimento.
La scoperta dei neuroni specchio spiega solo in parte la potenzialità del cervello umano ed apre la strada a diversi ambiti di ricerca nelle neuroscienze.
Clara Alice Musi & Tiziana Borsello
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