Tutte le cellule sono costantemente soggette a stimoli di vario tipo provenienti dall’ambiente che le circonda, a cui sono in grado di rispondere attivando diversi vie fisiologiche. Il materiale genetico cellulare è continuamente soggetto a cambiamenti di struttura. Il passaggio da eucromatina, più condensata, a eterocromatina, meno condensata, guidato da fattori epigenetici, permette la trascrizione differenziale di geni nelle cellule di ogni organismo. Ogni cambiamento gioca un ruolo chiave anche nella risposta agli insulti tossici esterni.
Non sempre le cellule riescono a contrastare efficacemente i diversi cambiamenti; in base alla tipologia di danno indotto, la cellula è in grado di scegliere la risposta migliore da attivare. Gli agenti esterni, interagendo con le biomolecole cellulari, inducono danni che possono portare all’accumulo di mutazioni a livello del materiale genetico. Il DNA può infatti essere frammentato a livello di una sola elica o di entrambe in seguito all’esposizione ad uno stimolo, o subire modifiche a livello delle basi, come la formazione di legami più forti rispetto al normale o la modificazione tramite l’azione di specie radicaliche. Tutto ciò causa danni che possono accumularsi in seguito a uno o diversi cicli replicativi. Le mutazioni e le frammentazioni possono essere di vario tipo, ma quello che conta è che la cellula sia in grado di riconoscerle e ripararle così da non permettere la replicazione e quindi la fissazione o una non corretta spartizione del materiale genetico nelle cellule figlie.
Quando ad una cellula viene indotto un danno al DNA, sulla base della sua entità, la sua risposta può essere l’attivazione dei sistemi riparativi, oppure l’attivazione del meccanismo di morte cellulare programmata, l’apoptosi. In alcuni casi, se il danno è davvero molto importante la cellula muore per necrosi.
Se ci esponiamo al sole senza protezione solare, per esempio, l’azione dei raggi UV sulla nostra pelle comporta dei cambiamenti a livello cellulare. Alcuni tra questi sono l’incremento della produzione di specie radicaliche, l’attivazione di pathways infiammatori e il danneggiamento del DNA. Le specie radicaliche e la secrezione di molecole pro-infiammatorie possono essere contrastate da agenti anti-ossidanti e anti-infiammatori; per quanto riguarda invece il danno a livello del DNA, risulta necessaria l’attivazione di enzimi dedicati al riparo, in grado di eliminare le lesioni e riportare la struttura alla condizione iniziale.
Evitare il contatto con le sostanze tossiche non sempre è possibile. L’inquinamento atmosferico è costituito da alcuni agenti tossici che possono andare a danneggiare il DNA e indurre mutazioni. Tra le sostanze presenti nell’aria, ricordiamo le polveri sottili (PM). Sono particelle di varie dimensioni, di origine antropica o naturale, che accumulano metalli, solfati e nitrati sulla loro superficie. Respirando, le particelle più grossolane sono bloccate a livello della trachea dove vengono rimosse dall’espirazione e dall’azione delle ciglia delle cellule dell’epitelio. Le particelle più piccole raggiungono invece gli alveoli polmonari. Qui possono essere eliminate con l’espirazione, oppure depositarsi a livello delle cellule alveolari. Sfruttando il meccanismo di scambio dei gas tra alveoli e circolo sanguigno, un’esigua porzione riesce quindi a penetrare nell’organismo. Una volta raggiunto il circolo sanguigno, arrivano anche ad altri organi come il cuore, i reni, il fegato e il cervello (che viene raggiunto anche per assorbimento diretto degli inquinanti ambientali mediante il bulbo olfattivo). In base alla composizione degli inquinanti, al tempo di esposizione e all’intensità dell’esposizione, le cellule subiranno un danno.
Il legame tra danno al DNA e cancro è diventato inequivocabile negli ultimi anni, e di conseguenza la conoscenza degli agenti tossici che interagiscono a livello del DNA è di fondamentale importanza per limitare o eliminare l’esposizione individuale ai composti mutageni. È necessario focalizzare l’attenzione sull’ambiente e sulla sua interazione con l’uomo, per riuscire a studiare in modo più approfondito i danni provocati alla salute umana e prevenirli. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato l’inquinamento atmosferico outdoor come cancerogeno appartenente al gruppo 1 (cancerogeno per l’uomo), mentre le emissioni indoor provenienti da combustione di biomasse come cancerogeno appartenente al gruppo 2A (probabilmente cancerogeno per l’uomo).
Comprendere i meccanismi con cui il danno viene provocato alle cellule è lo scopo del nostro lavoro e risulta indispensabile per sapere come prevenirlo e limitarlo, e per una corretta valutazione del rischio.
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