Sono Daniela Coggi, laureata in Farmacia e sto terminando il primo anno di dottorato in Scienze Farmacologiche Sperimentali e Cliniche. Tra le attività svolte quest’anno, mi sono occupata di uno studio volto a valutare la relazione tra la proproteina convertasi subtilisina/kexina di tipo 9, anche nota come PCSK9, e la patologia aterosclerotica sia clinica che subclinica.
PCSK9 è una proteina coinvolta nella regolazione di un importante fattore di rischio per le malattie cardiovascolari, ossia i livelli delle lipoproteine a bassa densità (LDL). PCSK9 svolge pertanto un ruolo chiave nello sviluppo dell’aterosclerosi. I livelli plasmatici di PCSK9 sono stati anche associati ad altri fattori di rischio vascolari convenzionali (es. trigliceridi ed indice di massa corporea), alla presenza di calcio nelle arterie coronarie (il cosiddetto coronary artery calcium score o CAC score) ed al volume del core necrotico delle placche aterosclerotiche. Per quanto riguarda l’associazione tra PCSK9 circolante e l’aterosclerosi sia clinica (eventi vascolari) che subclinica (es. IMT o intima-media thickness) esistono dati alquanto contrastanti ed è su questo che verte il mio progetto di dottorato.
L’attività di ricerca è svolta presso la “Unità per lo Studio della Morfologia e della Funzione Arteriosa” del Centro Cardiologico Monzino. Tale unità, diretta dal prof. Damiano Baldassarre, si occupa di imaging vascolare nell’uomo. In particolare, la missione del laboratorio è l’identificazione di markers di aterosclerosi subclinica utili per individuare nuovi fattori di rischio, per migliorare la stima del rischio cardiovascolare globale o per essere utilizzati come indici surrogati in programmi di intervento dietetico e/o farmacologico.
È importante spendere tempo ed energie per chiarire il ruolo di PCSK9 nello sviluppo della patologia aterosclerotica? La risposta è Sì. Infatti, l’insieme dei fattori di rischio convenzionali è in grado di predire solo il 60-65% del rischio cardiaco ed eventi cardiovascolari sono stati registrati anche in individui che non presentavano alcun fattore di rischio convenzionale. Ciò sottolinea la necessità di nuovi biomarcatori che permettano di migliorare il riconoscimento di quei soggetti che, più di altri, potrebbero beneficiare di interventi preventivi dietetici e/o farmacologici.
Pertanto, questo progetto ha la potenzialità di aumentare la conoscenza fra medici e ricercatori sull’importanza delle differenze dei livelli plasmatici di PCSK9 per la salute dei pazienti. Su tali basi, i nostri risultati potrebbero influenzare sia la ricerca clinica che l’assistenza sanitaria portando allo sviluppo di nuovi approcci per la prevenzione e/o il trattamento delle malattie cardiovascolari, diversificando gli interventi anche in base ai livelli plasmatici di PCSK9.
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