Sono Nathalie Sala, laureata in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche. Dopo la laurea, ho scelto di proseguire il mio percorso accademico, prima con una borsa di ricerca per la formazione dei giovani e poi iscrivendomi al dottorato in Scienze farmacologiche sperimentali e cliniche ed ecco che, in un batter d’occhio, sono già arrivata al terzo e ultimo anno.
Sono da sempre stata affascinata dall’intricato mondo della scienza e, per me, poter dare anche solo un piccolo contributo nel vastissimo campo della ricerca rappresenta un’opportunità importantissima. Il dottorato non è solo un lavoro; è un momento di crescita culturale e personale. Mi ha permesso di incontrare e interagire con grandi ricercatori e anche con i più giovani, provenienti da diverse parti del mondo, di partecipare a congressi internazionali che mi hanno aiutata ad ampliare la mia prospettiva, di conoscere diversi modi di pensare e di affrontare i problemi e il lavoro. Questa esperienza mi ha aiutata a capire che la ricerca, quella vera, è fatta dallo sforzo e dalla collaborazione di tante persone che si impegnano per un obiettivo comune: ognuno è una piccola goccia nel grande mare della conoscenza.
Il mio progetto, per esempio, fa parte di una linea di ricerca più ampia, portata avanti nel laboratorio di Neuropsicofarmacologia e neurogenomica funzionale. La nostra passione sono le neuroscienze e il nostro obiettivo è cercare di comprendere meglio quali sono i meccanismi che portano allo sviluppo di patologie neuropsichiatriche e di individuare possibili nuovi trattamenti farmacologici (ma non solo), che possano prevenirle o, ancora meglio, curarle.
I lettori di questo blog sanno bene, ormai, che il cervello è un organo affascinante e complesso, dotato di un’incredibile capacità di trasformarsi per affrontare le esigenze quotidiane ma anche le sfide a cui l’ambiente esterno ci sottopone. Tuttavia, in soggetti geneticamente più vulnerabili che affrontano esperienze negative o mantengono stili di vita troppo stressanti, talvolta il cervello perde la capacità di rispondere in modo corretto e sviluppa alterazioni che possono portare a vere e proprie patologie come la depressione o il disturbo post-traumatico da stress (PTSD).
Io mi occupo proprio di questo: vorrei capire meglio gli effetti dello stress sul nostro cervello e trovare quali sono quei fattori che in alcuni individui permettono di adattarsi correttamente ad una situazione stressante, mentre in altri portano allo sviluppo di condizioni patologiche. Stiamo quindi studiando come lo stress induce risposte diverse dal punto di vista della funzionalità e della morfologia dei neuroni in soggetti che mostrano alterazioni comportamentali dopo un singolo evento stressante. Ma non ci fermiamo qui! Vogliamo anche capire meglio i meccanismi d’azione di una classe di antidepressivi innovativi, che hanno un effetto molto più rapido dei normali trattamenti finora usati in clinica: i composti che agiscono su un particolare sistema presente nel nostro cervello, il sistema glutammatergico. In particolare, vogliamo studiare se e come il capostipite di questa classe, la ketamina (più conosciuta forse come droga d’abuso, ma già usata in clinica per i suoi effetti anestetici), sia in grado di prevenire o di mitigare gli effetti maladattivi indotti dallo stress acuto sia sul comportamento del soggetto stressato sia sulla funzionalità e sulla morfologia dei neuroni presenti in alcune aree del suo cervello.
La strada da percorrere è ancora lunga e tortuosa ma sono sicura che comunque ogni sforzo, anche se produce solo un piccolo risultato, è sempre un passo in avanti verso una conoscenza più approfondita del cervello e dei meccanismi che portano allo sviluppo di patologie. Forse, in un futuro non troppo lontano, queste nuove conoscenze ci aiuteranno a proporre strategie terapeutiche innovative e più efficaci per combattere o prevenire problemi che sono sempre più frequenti nella nostra frenetica società.
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