Dalla neuropatologia alla clinica: alla ricerca di nuovi biomarcatori di malattia nello spettro SLA-FTD

Sono attualmente dottoranda al secondo anno del Corso di Scienze Farmacologiche Sperimentali, Biomolecolari e Cliniche presso l’Università degli Studi di Milano e il mio lavoro di ricerca è volto a meglio comprendere gli intricati meccanismi biomolecolari che sottendono alle malattie del motoneurone e alla possibilità di sviluppare potenziali biomarcatori di malattia. 

La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è una complessa malattia neurodegenerativa caratterizzata dalla degenerazione progressiva ed inesorabile delle cellule responsabili del movimento, i motoneuroni, che porta inevitabilmente al decesso nell’arco di circa 3-5 anni dall’esordio dei sintomi. Negli ultimi anni, sempre maggiori evidenze hanno dimostrato che la SLA è in realtà di sovente associata anche a un certo grado di alterazioni di natura cognitivo-comportamentale che colpiscono fino al 50% dei pazienti. Questo ha portato al delinearsi di un continuum di disordini che vede, ai suoi due estremi, la SLA e la demenza fronto-temporale (FTD), altra patologia a carattere neurodegenerativo che resta tuttora – al pari della prima – priva di efficaci trattamenti. 

SLA e FTD condividono peraltro tra loro una serie di importanti aspetti riguardanti il piano clinico, genetico e neuropatologico. Dal punto di vista neuropatologico, la quasi totalità dei pazienti SLA e il 45% circa dei pazienti FTD condividono la presenza di un comune substrato, rappresentato dalla presenza di aggregati patologici intraneuronali costituiti da una particolare proteina, detta TDP-43, che gioca un ruolo chiave nel metabolismo dell’RNA. È noto che tali aggregati abbiano delle proprietà di tipo “prion-like”, ovvero sono in grado di propagarsi mediante l’induzione di modificazioni conformazionali nell’isoforma proteica nativa adiacente. Detta proprietà può essere riprodotta in vitro mediante l’utilizzo di particolari saggi ultrasensibili, detti Seed Amplification Assays (SAAs). Così, a partire da campioni biologici raccolti da una coorte di nostri pazienti affetti da SLA e/o FTD, abbiamo pensato di utilizzare tale metodica per valutarne la capacità di rilevare efficacemente la presenza di TDP-43 patologica. 

Durante il mio primo anno di dottorato, nello specifico, ci siamo concentrati sull’analisi delle cellule della mucosa olfattoria prelevate mediante brushing nasale, una procedura minimamente invasiva del tutto analoga al tampone naso-faringeo comunemente utilizzato per rilevare la presenza di SARS-CoV2. Dai dati preliminari sinora ottenuti abbiamo osservato che i nostri saggi sono in grado di rilevare efficacemente la presenza di aggregati patologici di TDP-43 nei campioni dei nostri pazienti, indipendentemente dal fenotipo clinico di malattia. 

Nel prossimo futuro ci proponiamo di estendere l’utilizzo della stessa metodica a due altri fluidi biologici, ovvero il plasma (derivato da semplice prelievo di sangue venoso periferico) e il liquido cerebrospinale. 

Poiché la TDP-43 gioca un ruolo chiave nella patogenesi della SLA e dell’FTD, delle quali rappresenta un marcatore specifico di malattia, la possibilità di rilevare in vivo tale proteina utilizzando campioni biologici di facile accesso quali per l’appunto il sangue, il liquido cerebro-spinale e la mucosa olfattoria, potrebbe in quest’ottica costituire uno strumento efficace in grado di migliorare significativamente la nostra capacità diagnostica. 

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