- Assaporare del cioccolato o dell’ottimo cibo.
- Amore.
- Amicizia.
- Like sui social network.
- Giocare al casinò.
- Alcol.
- Cannabis.
- Cocaina.
- Metamfetamina.
Cosa hanno in comune?
Il piacere. L’estremo piacere.
La lente della scienza ha dimostrato che a livello neurobiologico le diverse azioni elencate qui sopra (e ne potremmo aggiungere innumerevoli altre, pensate a cosa è in grado di indurre nelle vostre giornate un intenso piacere) hanno un minimo comune denominatore: la dopamina. La dopamina può essere definita la molecola del piacere, un neurotrasmettitore rilasciato dal cervello che media e controlla le attività del circuito cerebrale della ricompensa (sistema mesocorticolimbico). Uno stimolo piacevole, che può essere di origine naturale o indotto dall’assunzione di sostanze chimiche, produce un aumento del rilascio di dopamina in una specifica area del cervello, il nucleo accumbens, producendo un’emozione positiva, un senso di profonda soddisfazione. In aggiunta a ciò, l’attivazione del sistema dopaminergico nel nucleo accumbens è alla base dell’esperienza di gratificazione poiché genera una connessione fra gli stimoli (persone, luoghi, oggetti, suoni, ecc.) presenti nel momento in cui è stato vissuto l’episodio positivo e la sensazione di soddisfazione e ricompensa. Le droghe attivano lo stesso circuito di ricompensa attivato da stimoli naturali, quali il cibo, l’acqua, il sesso, ma l’intensità e la durata dell’attivazione è 10 volte maggiore rispetto all’effetto prodotto dagli stimoli naturali. Le sostanze d’abuso usurpano il sistema cerebrale della ricompensa, deviando le sue attività fisiologiche legate alla sopravvivenza verso comportamenti anormali e compulsivi.
Come già accennato nel mio precedente post, il cervello non è un organo statico ma cambia la propria struttura e funzione in risposta all’ambiente e alle esperienze di vita. Questo processo di cambiamento, chiamato plasticità cerebrale, è un fenomeno presente per tutta la vita. La struttura del cervello viene modificata sia durante lo sviluppo sia durante la vita adulta: le varie esperienze personali effettuate nell’ambiente familiare e socio-culturale modificano e modellano continuamente la nostra mente e i nostri comportamenti.
Anche l’uso di droghe, attraverso un’attivazione anormale del sistema dopaminergico, plasma le azioni del soggetto che ne abusa, alterando profondamente l’equilibrio dei meccanismi cerebrali di plasticità. L’uso ripetuto e prolungato nel tempo di queste sostanze porta ad un rimodellamento sinaptico, a un cambiamento cioè dei contatti fra neuroni, modificando la comunicazione fra di essi. Queste alterazioni nella comunicazione fra neuroni portano ad un cambiamento persistente dei circuiti cerebrali: vi è una riduzione del controllo inibitorio, una mancanza di quei freni inibitori che normalmente evitano situazioni dannose. Infatti, il tossicodipendente, non essendo più in grado di controllarsi, entra in un vero e proprio circolo vizioso di comportamenti incontrollabili e compulsivi, nonostante le possibili conseguenze negative sia a livello fisico sia a livello sociale. Queste sono le basi neurobiologiche della dipendenza, una patologia che colpisce il cervello, ed è questo il motivo per cui chi abusa di droghe non è in grado di uscirne da solo, ma è necessaria la psicoterapia associata alla farmacoterapia.
Tuttavia, la situazione non è così semplice. La causa dell’euforia, della soddisfazione, del brivido lungo la schiena dati dal piacere non è confinata alle strutture del circuito della gratificazione e all’attività della dopamina. L’aumento della dopamina è l’evento primordiale scatenante, ma non è l’unico neurotrasmettitore coinvolto. Il puzzle che stiamo componendo, grazie ad anni di ricerca in questo ambito, suggerisce che l’esperienza del piacere e le sensazioni generate e associate a quella esperienza implicano l’attività di numerose aree cerebrali e un’elevata complessità dei meccanismi neurobiologici sottesi.
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