Gli effetti nocivi delle nanoplastiche nell’era del Plasticene

Dal secondo dopoguerra l’intensa crescita economica dell’Italia ha favorito il raggiungimento di alti livelli di benessere e la massiva produzione di beni di consumo per l’intera popolazione. Di questi ultimi, la plastica e i suoi derivati hanno portato al benessere di massa e alla modernizzazione della vita quotidiana, modificando abitudini e stili di vita. 

La Plastics Europe (Associazione Europea dei produttori di materie plastiche) e l’EPRO (Associazione Europea delle Organizzazioni di Riciclaggio e Recupero delle Materie Plastiche) hanno indicato che nel 2020 la produzione di plastica nel mondo ha raggiunto i 367 milioni di tonnellate, di cui 55 milioni di tonnellate solo in Europa.

Produzione e uso eccessivi dei materiali plastici fanno sì che ogni anno i rifiuti generati si sommino a quelli di anni precedenti continuando ad accumularsi nel sistema di gestione dei rifiuti, ritardando lo smaltimento complessivo. All’inadeguatezza della gestione e dello smaltimento dei rifiuti si aggiunge anche il littering, ossia l’abbandono intenzionale dei medesimi in aree pubbliche.

Insieme, questi fattori contribuiscono alla dispersione e all’accumulo dei rifiuti in ambiente, la cui permanenza è dovuta all’intrinseca resistenza dei polimeri plastici. Le materie plastiche disperse in ambiente sono anche soggette a fenomeni di degradazione, esercitati dagli agenti atmosferici, che portano alla formazione di frammenti dell’ordine dei micrometri (microplastiche, MPs) e nanometri (nanoplastiche, NPs). 

La pervasiva diffusione in ambiente di MPs e NPs ha portato ad un graduale incremento sia dell’esposizione che del loro bio-accumulo in tutti gli organismi viventi, inclusi flora e fauna. Gli esseri umani sono esposti sia direttamente (inalazione, contatto) che indirettamente (ingestione per mezzo di alimenti, vegetali e animali, o acqua contaminati) a MPs e NPs. 

L’entità dell’esposizione varia a seconda della località geografica di appartenenza, agli ambienti di lavoro, piuttosto che agli stili di vita. 

Gli studi condotti su modelli animali e linee cellulari di origine animale e umana suggeriscono che MPs e NPs tendono ad accumularsi sia a livello delle zone di esposizione che in organi cui compete lo smaltimento e l’eliminazione di sostanze di scarto, come fegato e reni. L’accumulo è favorito anche dall’assenza di meccanismi di metabolizzazione di tali xenobiotici.

Pertanto, la scienza ha cominciato ad interrogarsi sulle potenziali conseguenze che l’accumulo di MPs e NPs può avere negli organismi viventi, compreso l’essere umano. 

Inoltre, molte linee di ricerca sono attualmente focalizzate sullo studio del ruolo di questi xenobiotici nel contesto di patologie neurodegenerative, cardiovascolari e metaboliche, e su come la loro presenza possa influenzare diversi stati patologici già in atto. 

Nel laboratorio di Paolo Magni, presso il Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari dell’Università degli Studi di Milano, sto attualmente studiando i potenziali effetti citotossici e dismetabolici indotti dalle NPs di polistirene su cellule umane di origine epatica, sia normali che rese disfunzionali, in modo da replicare alcune caratteristiche della steatosi epatica (o “fegato grasso”) e quindi valutare gli effetti delle NPs nella steatosi epatica. Inoltre, sono state selezionate quattro diverse misure di NPs dell’ordine di nanometri, ciascuna valutata con tre diverse concentrazioni e due diversi tempi di trattamento. Questo studio è anche parte integrante del mio progetto di dottorato.

I risultati preliminari indicano che le NPs riducono la vitalità cellulare, aumentano lo stress ossidativo, tendono a far accumulare trigliceridi nelle cellule epatiche e modificano, l’espressione di alcuni geni coinvolti nel metabolismo degli acidi grassi e nello stress ossidativo. 

Dalla letteratura scientifica sappiamo che sia MPs che NPs entrano nelle cellule sfruttando sia meccanismi di trasporto attivo che passivo. La prolungata esposizione e l’accumulo di questi xenobiotici induce effetti sia citotossici che dismetabolici. Tuttavia, è stato anche osservato che MPs e NPs possono anche fuoriuscire dalle cellule danneggiate e accumularsi a livello extracellulare. È tuttora da definire quali effetti potrebbero derivare dal loro accumulo in questi siti a livello dei differenti organi e quali le conseguenze, soprattutto a seguito di esposizione cronica. 

Considerato l’impatto negativo che le micro- e le nano-particelle di materiale plastico inducono in tutti gli organismi viventi, la strategia più auspicabile da adoperare al fine di ridurne l’immissione in ambiente e, dunque, l’esposizione nel tempo si basa sul riciclo e sulla sostituzione, ove possibile, dei materiali plastici; sulla sostenibilità degli stili di vita delle persone; sulla sensibilizzazione rispetto alle problematiche ambientali relativamente all’impatto su flora e fauna; non ultimo, sulla tutela della salute a tutti i livelli, ossia del nostro pianeta e delle varie specie che lo abitano, ad oggi meglio conosciuta come approccio “One Health”.



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