La League of European Research Universities (LERU) è un network di Università di cui è partner anche l’Università degli Studi di Milano. L’obiettivo della LERU è promuovere la propria visione della ricerca, dell’innovazione e dell’educazione di alto livello attraverso pubblicazioni, dichiarazioni e organizzazione di eventi che possano influenzare le decisioni politiche a livello europeo. Uno degli eventi annuali è rivolto ad una selezione di giovani dottorandi chiamati a collaborare intorno ad un tema, durante la LERU Summer School.
Nel luglio 2019 la scuola estiva si è svolta presso l’Università di Edimburgo, città medievale, misteriosa e ricca di cultura, che ha dato vita alla filosofia di Davide Hume, alla letteratura di Walter Scott, nonché ad Harry Potter di Joanne K. Rowling.
La città scozzese non è stata scelta per caso. In seguito alla decisione della Brexit, la LERU ha voluto promuovere lo scambio disciplinare e culturale tra le nuove generazioni, con la speranza di dare enfasi alla bellezza della diversità e dell’unità dei ricercatori europei.
In questa cornice, 4 dottorandi dell’Università degli Studi di Milano (Unimi), insieme ad altri colleghi delle Università partner europee, hanno prodotto una linea guida sintetica e pubblica (titolata “Research Collaborations”, qui il collegamento) per promuovere la collaborazione durante le prime fasi della carriera accademica. Uno dei dottorandi (Stefano Piazza) ha intervistato gli altri tre colleghi di Unimi (Elisabetta Romani, Tommaso Taroni, Giulia Spolidoro) per coinvolgere il pubblico di RicercaMix nella loro meravigliosa esperienza umana e professionale.
Perché ritenete importante la linea guida prodotta durante la LERU Summer School di Edimburgo?
Elisabetta: La Research Collaborations, che abbiamo redatto durante la LERU Summer School, contiene al suo interno una serie di utili consigli per tutti i giovani dottorandi e ricercatori che vogliono instaurare una collaborazione internazionale, inter-settoriale o con altre branche del diritto.
Oltre a racchiudere un elenco di best practice, questa guida è particolarmente interessante, in quanto è essa stessa il frutto di una collaborazione sia internazionale sia interfacoltà. Infatti, alla stessa hanno lavorato dottorandi provenienti da diverse Università europee e che si occupano di ambiti di ricerca molto diversi tra loro, dalle materie scientifiche a quelle umanistiche.
In un mondo, come quello attuale, sovranazionale e in cui sono richieste competenze sempre più complesse, la collaborazione – tra università, tra il mondo della ricerca e il settore privato, tra le diverse facoltà – è l’unico strumento per elaborare soluzioni soddisfacenti ai problemi complessi a cui siamo chiamati a fare fronte e che richiedono spesso diverse conoscenze.
Giulia: Ogni linea guida ha due facce: rappresenta un risultato e un punto di partenza. Come risultato è motivo di soddisfazione, come punto di partenza è motivo di critica. Dietro il lavoro di questa settimana non c’è una pretesa dogmatica, bensì l’intenzione di condividere con i nostri colleghi alcuni consigli.
L’importanza di Research Collaborations si realizza soprattutto nel messaggio che promuove: la collaborazione nel modo scientifico.
Tommaso: Sempre più spesso ci ritroviamo, come giovani ricercatori, coinvolti o per volontà o per necessità in collaborazioni più o meno ramificate e complesse, che possono includere partner provenienti da molteplici settori, anche molto diversi dal nostro. Essendo all’inizio della nostra carriera, è probabile che ci manchi l’esperienza necessaria ad affrontare al meglio tutte le sfide che ciò comporta. In quest’ottica, la guida prodotta durante l’esperienza a Edimburgo affronta varie tematiche relative alle collaborazioni, ai loro vantaggi e alle difficoltà che possono insorgere, e lo fa dal punto di vista di noi giovani accademici
Sentite di dover riportare un messaggio in seguito all’esperienza trascorsa?
Elisabetta: Dalla settimana trascorsa presso l’Università di Edimburgo ho imparato che il lavoro di gruppo e la collaborazione con ricercatori di altre facoltà consente di analizzare i problemi da un altro punto di vista, allargando la propria prospettiva e, al contempo, arricchendo le proprie conoscenze. Quindi, due sono i messaggi che vorrei dare ai dottorandi e ai ricercatori: una buona idea può diventare brillante se sviluppata in collaborazione con altri e, ovviamente, partecipate alla prossima LERU Summer School.
Giulia: Vorrei invitare i giovani ricercatori a essere curiosi e a favorire lo scambio di pensiero nella comunità scientifica. Come messaggio finale, vorrei riportare il proverbio che un giovane dottorando ha condiviso con i partecipanti di LERU Summer School: “alone I go faster, together we go further”.
Tommaso: L’essere entrato in contatto con così tante persone diverse, ma uguali al tempo stesso è stata sicuramente la cosa che mi ha colpito di più. Mi ha permesso di apprezzare maggiormente quello che facciamo e di capire che per quanto a volte possiamo sentirci isolati nella ricerca, c’è sicuramente qualcuno da qualche parte nel mondo che prova lo stesso, col quale magari iniziare una collaborazione. È un’occasione di crescita personale da non perdere assolutamente.
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