Il nostro tessuto muscolo scheletrico rappresenta l’apparato più grande del nostro corpo. Sono proprio i muscoli connessi alle ossa dai tendini i responsabili dei movimenti volontari, della stabilità scheletrica e della generazione di calore durante il movimento. Questo tessuto possiede anche un’eccezionale capacità di rigenerazione dopo lesioni lievi come traumi diretti o sforzi durante l’esercizio. Non è un caso se la maggior parte dei vaccini viene iniettata per via intramuscolare, il loro importante afflusso di sangue e la capacità di avviare una risposta immunitaria lo rendono il sito ottimale. I muscoli scheletrici mostrano anche un’incredibile plasticità che può essere sfruttata.
I nostri muscoli sono costituiti da fibre ad ossidazione lenta (tipo I), ad ossidazione rapida (tipo IIa) e da glicolitiche ossidative rapide (tipo IIx). Le fibre di tipo I sono ricche di mitocondri (la centrale elettrica della cellula), di capillari e di mioglobina (una proteina che immagazzina ossigeno), consentendo a queste fibre di produrre energia utilizzando l’ossigeno tramite la fosforilazione ossidativa. Sebbene questo meccanismo richieda più tempo a causa dell’erogazione di ossigeno e glucosio, fornisce energia per un’attività moderata prolungata.
Le fibre di tipo IIx, dall’altro lato, contengono pochissime di tutte queste caratteristiche e si basano principalmente sulla glicolisi per alimentarsi. Per fare ciò, contengono alti livelli di glicogeno (immagazzinamento di glucosio) ed enzimi che controllano la scomposizione del glicogeno in glucosio per sintetizzare l’energia. Sebbene questo meccanismo sia veloce e consenta un’attività intensa, dura solo per un breve lasso di tempo prima dell’affaticamento muscolare, poiché avviene in assenza di ossigeno e comporta accumulo di acido lattico.
Le fibre di tipo IIa sono anche chiamate fibre intermedie perché possono contrarsi rapidamente pur essendo abbastanza resistenti alla fatica in quanto sono attrezzate sia per la fosforilazione ossidativa che per la glicolisi. Le fibre ossidative, essendo le più piccole sono le prime ad essere reclutate quando c’è uno stimolo, seguendo un ordine di dimensione, poi le fibre IIa e infine le fibre IIx, queste ultime essendo più grandi generano più forza ma richiedono anche più tempo per recuperare.
Tutti i muscoli sono costituiti da fibre sia lente che a contrazione rapida, ma esiste una variabilità a seconda della posizione del muscolo, poiché i muscoli posturali (come quelli nella parte posteriore degli arti posteriori) contengono più fibre lente rispetto ai muscoli responsabili del movimento (come i muscoli responsabile dell’ammiccamento), ma esistono differenze anche tra individui.
Se nel complesso le persone tendono ad avere una distribuzione uniforme delle fibre muscolari, l’esercizio può essere un fattore determinante di cambiamento. L’allenamento di resistenza (maratona) induce uno spostamento delle fibre verso le fibre ossidative, diversamente l’allenamento di resistenza e potenza (sprint) promuove piuttosto le fibre IIa, mentre l’allenamento di resistenza intenso porta a una percentuale maggiore di fibre IIx. Questo spiega la differenza nella morfologia tra un corridore di triathlon e un bodybuilder. Il sollevamento pesi induce la produzione di più miofilamenti e quindi aumenta la dimensione delle fibre muscolari. Ma possiamo solo rendere le nostre miofibre più grandi, non più numerose.
Oltre a questi aspetti meccanici, a cui tutti pensiamo in tema di apparato muscolare, i muscoli possono anche secernere fattori chiamati “miochine”. Queste molecole consentono di esercitare effetti non solo sui muscoli stessi, per aumentare le loro dimensioni, ma anche per comunicare con altri organi come il fegato, il pancreas, il tessuto adiposo, le ossa e il cervello. Ad esempio, alcune miochine possono aumentare lo sviluppo osseo, la difesa antitumorale, la funzione del pancreas e ridurre l’infiammazione. Questa caratteristica è alla base del potere dell’attività fisica nel ridurre il rischio di malattie croniche e di mortalità prematura.
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