La genetica nella cura della sclerosi laterale amiotrofica (SLA)

Sono passati più di 13 anni da quando, studentessa di Medicina, ho conosciuto per la prima volta una persona affetta da SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica); e mi ricordo ancora il suo nome, il suo volto e sua moglie che lo accompagnava alla visita di controllo nell’ambito di un Trial sperimentale farmacologico. Non so se siano stati il sig. Marco o sua moglie e la dignità nell’affrontare quella terribile malattia, o il gruppo di giovani medici e operatori sanitari che li seguivano con la loro dedizione, capacità ma anche determinazione a studiare i meccanismi di quella terribile malattia, ma da allora non ho mai smesso di essere attratta dalla SLA. 

La SLA, più corretto chiamarla Malattia del Motoneurone è una rara, ma piuttosto famosa, patologia neuro-degenerativa che colpisce selettivamente, ma non solo, le cellule motorie e determina una progressiva paralisi di tutti i muscoli volontari, da quelli responsabili della parola, del movimento, della deglutizione e della respirazione. Benché la diagnosi non sia difficile quando la clinica ormai è evidente, esiste una grande variabilità fenotipica (ovvero la presentazione clinica della malattia) che rende complesso risalire ai meccanismi che determinano lo sviluppo e il decorso della malattia, quest’ultimo difficile da prevedere anche per la carenza di validi biomarcatori. 

Negli ultimi anni importanti scoperte derivate dallo studio del genotipo (ovvero la costituzione genetica) dei pazienti hanno mostrato alcuni dei meccanismi patogenetici e posto le basi per lo sviluppo delle terapie genetiche specifiche (studi clinici VALOR e BIIB078). Purtroppo le nostre conoscenze sono ancora limitate e le possibilità terapeutiche sono insufficienti.

Perciò durante il mio progetto di Dottorato mi sto impegnando a classificare i pazienti in base alle loro caratteristiche di presentazione di malattia e a metterli in relazione con i dati ricavati dai colleghi genetisti e biologi sul materiale biologico dei pazienti. La strada per la comprensione di questa malattia così eterogenea alla sua base è ancora lunga, ma l’impegno di chi lo studia e la disponibilità dei pazienti a collaborare in questi studi clinici è tale che certamente, prima o poi, avremo dei risultati che cambieranno le sorti dei nostri pazienti.


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