Ciao, sono Ilari D’Aprile dottoranda al secondo anno del corso in Scienze Farmacologiche Biomolecolari, Sperimentali e Cliniche, e svolgo la mia attività di ricerca dividendomi tra l’IRCCS Fatebenefratelli S. Giovanni di Dio di Brescia e il DiSFeB dell’Università degli Studi di Milano. Il mio progetto di ricerca è volto allo studio, con un approccio preclinico, dei possibili meccanismi comuni sottostanti l’aumentato rischio di sviluppare, in età adulta, patologie psichiatriche e metaboliche in comorbidità, in seguito ad esposizione a stress durante le prime fasi di vita.
Sin dall’antichità si è sempre parlato di mente e corpo come due elementi distinti, indipendenti l’uno dall’altro. Questa visione dualistica, in passato è stata utilizzata per spiegare argomenti che altrimenti difficilmente sarebbero stati compresi, come i pensieri, il dolore fisico o la morte. Da un punto di vista storico, il maggior responsabile di questo modo di vedere la realtà fu certamente Cartesio la cui tesi era principalmente basata su una visione di corpo e mente nettamente separati tra loro. La teoria cartesiana venne ben presto ritenuta insostenibile in seguito alle numerose prove che disconfermano tale dualismo ed evidenziano come in realtà mente e corpo costituiscano due componenti fortemente interdipendenti di un unico sistema.
Di fatti, se corpo e mente fossero completamente separati e non interagissero, come potremmo spiegare i diversi eventi che caratterizzano la vita di tutti i giorni? La mente influenza il corpo e il corpo influenza la mente. Basti pensare che molte delle emozioni provate si ripercuotono sulle sensazioni fisiche, ad esempio quando aspettiamo con ansia un importante evento o risultato e ci sentiamo il cuore in gola o lo stomaco chiuso, oppure quando rimaniamo paralizzati dalla paura di fronte ad un evento spaventoso.
Quando parliamo di corpo e mente, è importante riflettere sul fatto che, questi sono uniti per definizione. L’essere umano è infatti una grande macchina dove i vari compartimenti non hanno vita separata, bensì interagiscono tra loro in modo diretto o indiretto, per garantire un corretto funzionamento del nostro corpo. Inoltre, questo grande sistema si trova in costante relazione con l’ambiente circostante. Quando parliamo di fattori ambientali in grado di influenzare il nostro corpo ci riferiamo fattori come eventi “stressanti” psicologici e fisiologici che caratterizzano la singola persona. Un ruolo chiave è infatti giocato dallo stress: è stato infatti ampiamente dimostrato in letteratura come l’esposizione ad eventi stressanti soprattutto durante le prime fasi della vita, sia associata ad un’aumentata vulnerabilità a sviluppare disturbi, sia mentali che fisici.
Tra i diversi meccanismi che si ipotizzano essere coinvolti nella complicata catena innescata a seguito ad eventi stressanti, e che potrebbe fare da ponte tra corpo e mente, vi è sicuramente l’infiammazione. Sebbene tipicamente innescata dall’intrusione di un patogeno all’interno dell’organismo e/o da una lesione tissutale, l’infiammazione può anche essere stimolata da fattori stressanti psicosociali, i quali, visti gli stretti legami tra sistema nervoso centrale, sistema di risposta allo stress (asse ipotalamo ipofisi surrene) e sistema immunitario, sono in grado di attivare il processo infiammatorio. É stato infatti riportato in alcuni studi, come uno stato di infiammazione cronico nel tempo e di basso grado, detto anche “low grade inflammation” sia un denominatore comune per diverse importanti malattie fisiche come diabete, obesità, malattie cardiovascolari ma anche malattie neurodegenerative, e psichiatriche.
Di tale argomento si è parlato nel TIME, qualche anno fa, il quale sulla sua copertina ha parlato dell’infiammazione di basso grado come di un killer misterioso. L’infiammazione di basso grado infatti è un processo infiammatorio cronico e silenzioso.
Questo non viene attivato in conseguenza a un’aggressione esterna per difendere l’organismo, ma si auto-sostiene a causa dell’indebolimento del sistema immunitario che provoca la produzione cronica di citochine pro-infiammatorie e a causa di errati comportamenti e stili di vita. Una dieta non adeguata, elevati livelli di insulina e un’attivazione cronica di cortisolo, l’ormone dello stress, provoca una risposta immunitaria smodata che dà vita ad infiammazione.
È noto da tempo come alterazioni nel sistema infiammatorio siano presenti in patologie fisiche come il diabete, l’obesità e patologie cardiovascolari; inoltre diversi sono gli studi che in letteratura supportano l’ipotesi del ruolo dell’infiammazione anche nello sviluppo di patologie psichiatriche e nella risposta al trattamento. Alterazioni nei livelli di citochine e di proteina c reattiva sono stati riscontrati in pazienti affetti da diversi disturbi mentali quali schizofrenia, depressione, ansia generalizzata e attacco di panico. Inoltre, altro fattore importante da sottolineare è che molte patologie psichiatriche si manifestano spesso in comorbidità con patologie fisiche, suggerendo il coinvolgimento di meccanismi biologici comuni. Ad esempio, tra i soggetti obesi sono state riscontrate frequenti comorbidità psichiatriche con disturbi dell’umore (ad esempio disturbo depressivo maggiore e distimia), disturbi d’ansia (ad esempio fobia sociale e disturbo d’ansia generalizzato).
Alla luce di questo, il progetto che sto sviluppando intende identificare, mediante l’utilizzo di un modello preclinico di stress prenatale, i meccanismi biologici a livello del sistema nervoso centrale e a livello periferico (sangue, fegato, pancreas e tessuto adiposo) che, indotti da uno stato infiammatorio stress correlato (stress prenatale), potrebbero influenzare lo sviluppo di organi e tessuti chiave nello sviluppo di disturbi metabolici e psichiatrici e nella loro comorbidità.
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