Se ci venisse chiesto di descrivere la preparazione a una missione spaziale la nostra risposta non inizierebbe sicuramente affrontando il tema dei cambiamenti metabolici a cui gli astronauti/cosmonauti vanno incontro; piuttosto ci focalizzeremmo su aspetti diversi, quali la grandezza del modulo spaziale oppure il tempo necessario a raggiungere il pianeta.
Il 4 novembre 2011 si è concluso il progetto Mars 520, il cui nome deriva dal numero di giorni preventivato per raggiungere il “pianeta rosso”, atterrarvi e tornare a casa.
Il 3 giugno 2010 ci fu la prima simulazione. L’8 febbraio 2011, giorno dell’arrivo su Marte, iniziarono le operazioni di superficie, il 10 marzo 2011 il modulo spaziale iniziò il viaggio di ritorno che si concluse il 5 novembre 2011.
ll progetto Mars 520 è stato condotto presso IBMP “Russian Institute Biomedical Problems” sotto l’egida della Russian Federal Space Agency e con il coinvolgimento dell’ESA (European Space Agency) e dell’ASI (Agenzia Spaziale Italiana).
Il progetto ha avuto come obiettivo la raccolta dei dati ricavati attraverso un protocollo sperimentale rivolto allo studio del sistema uomo-ambiente, con relativa analisi del quadro psicofisico e biomedico, in situazione di confinamento di lunga durata. L’isolamento forzato di un equipaggio spaziale determina a lungo andare il manifestarsi di disturbi del ritmo sonno-veglia, oltre che di ipocinesia e di ridotta capacità di attenzione durante la veglia. Oggetto della ricerca sono state le reazioni dell’uomo all’isolamento prolungato, all’assenza di gravità e alle condizioni di sopravvivenza estreme poste da un lungo viaggio spaziale. I cosmonauti vedono stravolti i propri bioritmi, sono sottoposti a stress psicologico con la possibilità concreta di depressione. Diverse pubblicazioni hanno dimostrato come il confinamento forzato abbia determinato un aumento dello stato di stress accompagnato da un aumento ormonale del cortisolo, l’ormone dello stress per antonomasia. Sulla scia di questi dati, in collaborazione con altri componenti del Dipartimento (Fabio Celotti, Paolo Magni e Ivano Eberini) abbiamo dimostrato come il confinamento forzato dei 6 volontari abbia determinato una perdita di peso del 9% senza però variare la massa grassa. Anche il metabolismo glucidico è risultato alterato, con un aumento della glicemia di circa il 17%. Tuttavia la complessità degli adattamenti dell’organismo a situazioni estreme si è manifestata con alterazioni iniziali nei primi 60 giorni degli ormoni insulina e dell’adiponectina, quest’ultima una proteina secreta dal tessuto adiposo e coinvolta nel metabolismo glucidico.
Questi dati indicano come una missione spaziale debba prevedere misure atte a mantenere condizioni di stimolazione psicofisica il più possibile simili a quelle terrestri, soprattutto nell’ambito dell’alternanza luce-buio, del consumo di cibo e dell’esercizio fisico, per tutelare l’integrità e il benessere dell’equipaggio.
J Endocrinol Invest. 2018 Mar 12. doi: 10.1007/s40618-018-0861-9.
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