Le ferite sono un’interruzione di tutti gli strati che compongono la pelle, la barriera per eccellenza nei confronti di agenti provenienti dall’ambiente circostante. Alcuni fattori quali l’invecchiamento, il diabete o l’obesità possono rallentare e ostacolare il normale processo di guarigione, favorendo la cronicizzazione delle ferite.
Le ulcere croniche, di cui un esempio è il “piede diabetico”, causa frequente di amputazione di gambe e piedi, rappresentano un’emergenza sanitaria in crescita nei Paesi Occidentali. Frequentemente, ad aggravare una situazione già compromessa e caratterizzata da un ambiente insufficientemente ossigenato (ipossico) e con infiammazione persistente, entrano in gioco le infezioni batteriche.
Enterococcus faecalis, Staphylococcus aureus, Pseudomonas aeruginosa ed Escherichia coli sono i batteri che più comunemente infettano le ferite croniche, rappresentando un reale pericolo per la vita dei soggetti affetti. Pochi numeri, ma di grande impatto, possono descrivere la portata del problema: circa la metà delle infezioni resistenti ai trattamenti con antibiotici insorge nelle ferite, con una stima di oltre 11 mila morti annui negli Stati Uniti.
È pertanto crescente la necessità di nuovi trattamenti, preferibilmente ad applicazione topica e di facile uso da parte del paziente, che possano facilitare il processo, a oggi estremamente complicato, di guarigione delle ulcere croniche.
Le nanotecnologie potrebbero contribuire a trovare una soluzione innovativa a un problema ormai da troppo tempo irrisolto e spesso sottovalutato.
Ho iniziato a occuparmi di questo problema durante la preparazione della mia tesi sperimentale in Farmacia presso il laboratorio di Parassitologia e Immunologia, guidato da Nicoletta Basilico (Dipartimento di Scienze Biomediche, Chirurgiche e Odontoiatriche) e Donatella Taramelli (Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari). Grazie a una borsa di Dottorato in Medicina Traslazionale, ho attualmente la possibilità di continuare e approfondire questo studio.
Il nome del mio progetto è BAT-NAN (BATteri e NANogocce) in quanto studierò gli effetti di nanogocce su infezioni batteriche di ulcere croniche. Le nanogocce, ideate e prodotte nei laboratori dell’Università di Torino, hanno un core contenente ossigeno, che può essere veicolato e rilasciato in modo prolungato nel tempo, e un guscio di chitosano a cui vengono legati gli antibiotici. L’attività antibatterica è dovuta sia al guscio esterno di chitosano, che possiede di per sé attività antimicrobica, sia agli antibiotici. L’ossigeno ha la duplice potenzialità di contrastare l’ambiente ipossico e di inibire la crescita di eventuali batteri anaerobi, che sopravvivono solo in assenza di ossigeno. Inoltre, le nanogocce possono essere internalizzate dalle cellule fagocitiche, in particolar modo dai macrofagi, cellule immunitarie capaci di inglobare e distruggere gli agenti patogeni attraverso la produzione di radicali liberi dell’ossigeno. Il rilascio dell’ossigeno dalle nanogocce all’interno della cellula fagocitica, che ricordiamo si trova in un ambiente ipossico, potrebbe infatti favorire la produzione di radicali e, di conseguenza l’uccisione dei patogeni.
Una particella microscopica potrebbe dunque rappresentare la soluzione a un problema macroscopico.
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