Colina e rischio cardiovascolare: un ruolo oltre TMAO

Ciao a tutti, sono Alice Colombo e frequento il terzo anno del dottorato in Scienze Farmacologiche Biomolecolari, Sperimentali e Cliniche dell’Università degli Studi di Milano. Le linee di ricerca del Laboratorio di Farmacologia Sperimentale e Biologia Integrata dell’Aterosclerosi di cui faccio parte, hanno l’obiettivo di approfondire le conoscenze circa l’insorgenza e lo sviluppo dell’aterosclerosi, con una attenzione particolare all’identificazione di nuovi target terapeutici nell’ambito delle dislipidemie e dei dismetabolismi.

L’aterosclerosi è una complessa patologia cardiovascolare che costituisce, ancora oggi, una delle principali cause di morte in tutto il mondo. Tra i fattori di rischio implicati causalmente nello sviluppo di placche aterosclerotiche sono noti: elevate concentrazioni plasmatiche di colesterolo LDL, ipertensione, fumo, adiposità viscerale e resistenza all’insulina. L’insorgenza di questa complessa patologia multi-sistemica è inizialmente causata da un accumulo di colesterolo a livello della parete delle arterie di grosso e medio calibro, con conseguente richiamo di macrofagi e rilascio di fattori pro-infiammatori.

Questi eventi portano alla formazione della cosiddetta stria lipidica, la quale nel tempo può evolvere e aumentare di dimensioni, diventando una placca complessa, in grado di ostacolare il flusso sanguigno. La principale conseguenza clinica del processo aterosclerotico consiste nella rottura della placca, che porta alla formazione di un trombo in grado di occludere un vaso arterioso e causare di conseguenza eventi cardiovascolari acuti quali l’infarto del miocardio, l’ictus cerebrale e l’embolia polmonare.

Data l’elevata prevalenza di questa condizione patologica a livello mondiale, la comunità scientifica è impegnata da decenni nel cercare di comprenderne meglio i meccanismi causativi, con l’obiettivo di ridurre il rischio di insorgenza della malattia cardiovascolare su base aterosclerotica nella popolazione. 

Un fronte di ricerca sviluppatosi nell’ultimo decennio si è focalizzato sul possibile ruolo della colina, un nutriente essenziale per l’uomo, presente in numerosi alimenti, tra cui carne, pesce, derivati del latte e uova, nell’aumentare il rischio cardiovascolare.

Secondo l’ipotesi attualmente più accreditata, il ruolo pro-aterogeno della colina sarebbe da mettere in relazione al microbiota intestinale. Esso è definito come l’insieme di microrganismi, batteri, virus, funghi e lieviti, che popolano il nostro intestino e intervengono in numerosi processi metabolici generando un’interazione mutualistica con l’ospite. In particolare, i batteri intestinali sono in grado di metabolizzare la colina in un intermedio metabolico, la trimetilammina, la quale successivamente viene ulteriormente metabolizzata dal fegato in trimetilammina-N-ossido, nota come TMAO.

Alcuni studi hanno mostrato come elevati livelli plasmatici di TMAO siano associati a un aumentato rischio di sviluppare aterosclerosi e complicanze cardiovascolari, sebbene non sia stato ancora compreso il meccanismo molecolare.

Il mio progetto di dottorato si sviluppa da questa ipotesi e ha come obiettivo quello di valutare se l’assunzione di colina dietetica possa influire sul rischio cardiovascolare modulando altre vie metaboliche, oltre a quella coinvolta nella produzione di TMAO. 

Dai nostri studi preliminari abbiamo confermato che l’assunzione di colina dietetica determina un aumento dei livelli plasmatici di TMAO e parallelamente un maggiore sviluppo di placche aterosclerotiche. E, dato ancor più interessante, un’elevata assunzione di colina dietetica è stata in grado di alterare i livelli plasmatici di altri metaboliti, tra cui l’omocisteina, che è risultata ridotta. Elevati livelli plasmatici di omocisteina sono stati notoriamente associati ad aumentato rischio cardiovascolare, in quanto l’omocisteina sembra esercitare un’azione pro-infiammatoria a livello vascolare.

Gli esperimenti finora condotti sembrano quindi suggerire che l’assunzione di colina dietetica, se da un lato può aumentare il rischio cardiovascolare incrementando i livelli plasmatici di TMAO, dall’altro potrebbe compensarne l’effetto dannoso diminuendo i livelli plasmatici di omocisteina.
La colina dietetica sembra quindi influenzare il rischio di insorgenza dell’aterosclerosi agendo su più vie metaboliche e modulando i livelli sia di metaboliti pro-aterogeni che anti-aterogeni.


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2 risposte a “Colina e rischio cardiovascolare: un ruolo oltre TMAO”

  1. Avatar CLAUDIA
    CLAUDIA

    Buonasera, avrei una curiosità tecnica rispetto al dato sul TMAO ottenuto: per mezzo di quale metodica sono stati dosati i livelli plasmatici di TMAO circolante?

    Alte curiosità sono le seguenti: da quale coorte di pazienti provengono i campioni di plasma che avete utilizzato per il dosaggio del TMAO (e che, assumo, siano i medesimi sui quali sia stato fatto l’intervento dietetico per la valutazione degli effetti down-stream)? Che profilo clinico hanno? In quale fascia di età/genere rientrano?

  2. Avatar Alice
    Alice

    Lo studio non è stato effettuato su pazienti ma su modelli sperimentali di malattia. In particolare, abbiamo utilizzato modelli con predisposizione per aterosclerosi e il trattamento dietetico, caratterizzato dalla supplementazione di colina, ha avuto una durata di 4 mesi.
    Il dosaggio plasmatico di TMAO è stato effettuato mediante spettrometria di massa al termine della dieta.

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