Sono Leonardo Sandrini, laureato in Chimica e tecnologia farmaceutiche, e attualmente frequento il secondo anno del dottorato in Scienze farmacologiche sperimentali e cliniche presso La Statale di Milano.
Il titolo del mio post prende spunto da un dialogo tratto dal film Luci della ribalta, di Charlie Chaplin del 1952. Calvero, protagonista del film, usa questa frase per descrivere il mistero che avvolge l’origine delle passioni umane, così ho deciso di prenderla in prestito per introdurre l’argomento del mio percorso di dottorato: il rapporto cuore-cervello nelle malattie cardiovascolari. Come già descritto da alcuni colleghi, malattie cardiovascolari e disturbi neuropsichiatrici e comportamentali rappresentano oggi patologie con un elevato impatto socio-economico, essendo tra le principali cause di mortalità e morbidità. Negli ultimi anni si è assistito ad un crescente interesse nella relazione tra malattie della sfera psichiatrica-comportamentale e quelle cardiovascolari. Se infatti la presenza di uno o più fattori di rischio tradizionali come elevati livelli di pressione, colesterolo, glicemia e abitudine al fumo sembravano sufficienti a spiegare l’insorgenza e la progressione delle malattie cardiovascolari, recenti studi hanno stabilito come il 25% dei pazienti affetti non presenti questi fattori di rischio.
Partendo da questi dati, numerosi studi hanno dimostrato come stress e malattie neuropsichiatriche associate ad esso, come la depressione, possano rientrare a pieno titolo nella categoria dei fattori di rischio cardiovascolare. Studi epidemiologici hanno evidenziato che la presenza concomitante di malattie neuropsichiatriche e cardiovascolari peggiora il quadro clinico dei pazienti andando ad influire tra l’altro sul successo delle terapie farmacologiche tradizionali, che spesso risultano inefficaci nel trattamento di questi casi.
Fin dall’antichità si era compreso come cuore e psiche fossero strettamente legate tra loro tanto da indurre il filosofo Platone a ipotizzare una correlazione tra cuore e cervello. Se però ci pensiamo bene le dimostrazioni del rapporto cuore-cervello sono note a tutti noi: chi di noi, ad esempio, non ha sentito accelerare il proprio battito cardiaco in seguito ad un’emozione, positiva o negativa che fosse?
Riprendendo questa antica idea e partendo da queste semplici osservazioni la ricerca durante lo scorso secolo è riuscita a comprendere i meccanismi di base che regolano questa interazione. A seguito di uno stimolo esterno, il sistema nervoso centrale attiva il sistema adrenergico e l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene rilasciando messaggeri chimici, detti neurotrasmettitori. Queste molecole agiscono a livello cardiovascolare determinando l’alterazione transitoria di alcuni parametri come pressione o ritmo cardiaco ma anche su vie molecolari come la cascata della coagulazione. Tuttavia nel caso in cui vi sia un aumento persistente nel rilascio di neurotrasmettitori, come accade in condizioni di stress cronico, le alterazioni possono costituire la base per l’insorgenza e la progressione delle patologie cardiovascolari alterando meccanismi molecolari interni ad ogni singola cellula ancora sconosciuti.
Alla luce di tutto ciò, il progetto di dottorato a cui sto lavorando si pone come obiettivo quello di comprendere quali siano questi meccanismi molecolari comuni alla base delle patologie neuropsichiatriche-comportamentali e cardiovascolari. L’obiettivo a lungo termine del progetto è l’individuazione di questi nuovi bersagli, che un giorno potrebbero diventare l’obiettivo di nuovi trattamenti farmacologici utili a contrastare l’insorgenza e la progressione delle malattie cardiovascolari in associazione a quelle neuropsichiatriche e comportamentali.
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