Ieri, 15 marzo, era la giornata nazionale del fiocchetto lilla, dedicata alla sensibilizzazione e alla lotta contro i disturbi del comportamento alimentare (DCA). La giornata è stata istituita nel 2012 da un papà, Stefano Tavilla, che nel 2011 perse la figlia Giulia per le conseguenze di un disturbo alimentare di cui soffriva da qualche anno.
Numerosi e crescenti negli anni sono gli eventi che vengono organizzati in Italia durante la giornata del fiocchetto lilla per conoscere, comprendere, diffondere informazioni e condividere esperienze su quella che viene definita un’epidemia sociale silente.
Come Giulia, in Italia, sono oltre tre milioni le ragazze che diventano prigioniere di anoressia e bulimia. Queste patologie, che secondo stime ufficiali del Ministero della Salute colpiscono prevalentemente giovani donne (95,9% dei pazienti), sono disturbi che colpiscono la persona nel suo insieme, corpo e mente, trascinandola in una spirale discendente fino alla morte. Nonostante l’alta incidenza sulla popolazione (8 nuovi casi su 100.000 persone in un anno) e la riduzione dell’età di insorgenza (compare a partire dai 10 anni), come già raccontavamo in un precedente post, non esistono terapie farmacologiche accettate e le basi neurobiologiche dei DCA non sono ancora del tutto note.
In particolare, l’anoressia nervosa è una patologia che ha fra i suoi principali sintomi una dieta restrittiva in combinazione con un’esagerata attività fisica e paura di ingrassare anche quando si è, invece, sottopeso. L’anoressia è altamente invalidante in quanto colpisce il cervello ancora in fase di maturazione, tipicamente durante l’adolescenza, complicando e rallentando la completa remissione delle giovani pazienti. La strada verso la guarigione è lunga e tortuosa, complicata dal fatto che, essendo una patologia multifattoriale, necessita di un approccio riabilitativo multidisciplinare. La tempestività della diagnosi e dell’inizio del percorso psicologico, di riequilibrio nutrizionale e di normalizzazione dell’indice di massa corporea è fondamentale per facilitare la completa remissione.
Grazie al contributo di Fondazione Cariplo, il nostro team di ricerca ha la possibilità di contribuire all’approfondimento delle conoscenze neurobiologiche alla base di questa patologia, necessarie per il miglioramento dell’efficacia del percorso riabilitativo. Approfondire lo studio dei meccanismi di neuroplasticità (riadattamento neuornale), che possono contribuire al mantenimento del comportamento di restrizione alimentare nonostante le conseguenze devastanti che questo produce, è il nostro obiettivo primario. Lo scopo della nostra ricerca è identificare nuovi bersagli molecolari sui quali agire a livello farmacologico per ripristinare le alterazioni neurobiologiche indotte da questa invalidante patologia e ridurne il rischio di ricaduta. A proposito di questo argomento, è recentemente uscita, sull’inserto Buone Notizie del Corriere della Sera, una mia intervista, nella quale provo a raccontare brevemente i motivi per cui io, donna e madre, ho deciso di concentrare le mie energie verso la comprensione dei meccanismi molecolari alla base dell’anoressia nervosa.
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