Al pronto soccorso arriva un nuovo codice: il codice lilla per pazienti con disturbi alimentari. La richiesta di avere strumenti pratici per affrontare una tematica in cui ancora oggi, purtroppo, esiste una estrema disomogeneità di cura e trattamento è stata fortemente sollecitata sia dalle associazioni dei familiari sia dagli operatori sanitari. Grazie ad un tavolo di lavoro specifico coordinato dal Ministero della Salute sono state elaborate le “Raccomandazioni per interventi in Pronto Soccorso per un Codice Lilla” e le “Raccomandazioni per i familiari”.
Il primo documento è stato redatto per aiutare gli operatori sanitari ad accogliere i pazienti in pronto soccorso e avviarne da subito il giusto percorso terapeutico. Il secondo comprende raccomandazioni specifiche ai familiari per renderli consapevoli delle forme di disagio, soprattutto iniziale e a volte nascoste, dei loro parenti, che possono sfociare in gravi problemi sanitari.
Come avevo già raccontato in un post precedente, fra i disturbi alimentari, e in generale fra i disturbi psichiatrici, l’anoressia nervosa è la patologia con il più alto tasso di ricaduta e di mortalità. La persona è colpita nel suo insieme: nella sfera psichica ma anche, con il progredire della malattia, nella maggioranza delle sue funzionalità biologiche.
Le linee guida appena stilate sono un passo avanti verso un corretto approccio della problematica, ma non possiamo dimenticare che spesso gli attuali approcci terapeutici sono inefficaci e molte persone continuano a convivere con i sintomi della patologia per anni. La difficoltà di identificare trattamenti adeguati deriva dalla mancanza di chiarezza sulla patogenesi dell’anoressia nervosa, la cui eziologia è estremamente complessa, multifattoriale e ancora per gran parte sconosciuta.
Fra i fattori predisponenti è stato ipotizzato che vi siano non solo fattori socio-culturali e psicologici, ma anche genetici e neurobiologici, anche se questi ultimi non sono ancora del tutto noti. Inoltre, i cambiamenti d’umore tipici delle ragazze adolescenti, che rappresentano la fascia di popolazione maggiormente colpita da questa patologia, in concomitanza con cambiamenti endocrini, che avvengono fisiologicamente in questa fase di crescita, possono alterare la risposta a stimoli salienti come il cibo, indurre il soggetto ad essere più vulnerabile alla perdita di peso e a rifiutare l’idea di mantenere un peso corporeo nella norma.
Quando inizia la perdita di peso, il controllo dell’assunzione di cibo induce nel soggetto una ricompensa emotiva, un rinforzo positivo, che consolida il comportamento di restrizione alimentare. Questo meccanismo, spesso accoppiato ad intensa attività fisica, viene mantenuto anche in presenza di un importante deperimento fisico. Le persone che soffrono di anoressia nervosa hanno pensieri e preoccupazioni costantemente rivolti al controllo del cibo e del corpo; nonostante la magrezza evidente, sono incapaci di vedersi magre, hanno un’immagine corporea alterata e il loro rapporto con il cibo, il controllo del peso e l’attività fisica diventano delle vere e proprie ossessioni. Questo desiderio patologico di magrezza che ne consegue induce il soggetto a perdurare in una condizione di squilibrato apporto calorico, che a lungo termine, si pensa possa alterare il metabolismo, la morfologia e la connettività cerebrale, contribuendo ad aumentare la vulnerabilità a situazioni stressanti e a pressioni socio-culturali. Nella fase acuta della patologia, le pazienti mostrano, infatti, alterazioni nella sfera cognitiva: controllo cognitivo esagerato, comportamenti ossessivi, autodisciplina e rigidità, perfezionismo e alterazioni nelle funzionalità esecutive, tra cui memoria e attenzione.
La mancanza di equilibrio fra l’attività del circuito cerebrale della ricompensa e della sfera cognitiva interferisce negativamente sulla motivazione a guarire e a iniziare/proseguire un percorso di riabilitazione e, inoltre, altera la capacità del soggetto di imparare dall’esperienza, impedendo ai pazienti di uscire dal circolo vizioso della patologia.
Scopo del nostro lavoro, finanziato da Fondazione Cariplo e Fondazione Nando Peretti, è comprendere a fondo quali alterazioni cognitive vengono indotte nelle pazienti dalla spirale mortale di restrizione alimentare ed esagerata attività fisica e in che modo, attraverso quale meccanismo molecolare, queste disfunzioni cognitive possono essere la causa scatenante dei meccanismi motivazionali alla base dell’anoressia. Anche quando le pazienti anoressiche hanno recuperato il peso corporeo, prima fase critica di remissione, alcuni sintomi psichiatrici e cicatrici molecolari persistono nel loro cervello e nel loro corpo aumentando il rischio di ricaduta. Identificare, quindi, parte dei meccanismi molecolari che attraverso uno squilibrio energetico ed un’alterata comunicazione fra corpo e mente modificano i processi di ricompensa e le performance cognitive può fornire nuove conoscenze sulla fisiopatologia della malattia suggerendo un possibile collegamento tra motivazione, processi di ricompensa, funzionalità cognitiva e bilancio energetico.
In questo scenario, il nostro impegno, insieme a quello di altri laboratori, si sta rivolgendo verso la comprensione dei meccanismi molecolari coinvolti nello sviluppo della patologia e delle modalità con cui i circuiti neuronali che controllano le emozioni e i processi cognitivi possono contribuire all’insorgenza e al mantenimento della condizione patologica allo scopo di individuare nuovi possibili target farmacologici per lo sviluppo di nuove e più efficaci terapie.
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