Le reti che intrappolano i neuroni: che ruolo hanno nello sviluppo cerebrale?

L’essere umano può imparare per tutta la vita grazie alla plasticità cerebrale, la capacità del sistema nervoso centrale di promuovere cambiamenti strutturali e funzionali in risposta agli stimoli esterni, come quelli ambientali, e a quelli interni, come condizioni patologiche.

Nonostante questo, tutti sappiamo che i bambini apprendono molto più facilmente e velocemente degli adulti, che si tratti di imparare una nuova lingua o le capitali degli stati di tutto il mondo.

Questo a causa del fatto che specialmente durante l’infanzia, ma anche nella prima adolescenza, le connessioni nervose di cui il cervello è composto si sviluppano in modo particolarmente intenso, portando a definire questi momenti della vita come “periodi critici”. Esistono periodi critici specifici per le diverse funzioni cerebrali come l’udito, il linguaggio o l’interazione sociale, e l’alterazione di ciascuno di essi potrebbe avere implicazioni patologiche anche gravi.

Queste finestre temporali sono caratterizzate da un’elevata sensibilità del cervello agli stimoli, da un’alta plasticità neuronale, e di conseguenza, da una notevole abilità di adattamento.

Diversi meccanismi molecolari entrano in gioco in questi processi, come il fattore neurotrofico cerebrale BDNF che è implicato nella maturazione degli interneuroni GABAergici che esprimono la parvalbumina (PV+). Questa popolazione di cellule svolge un ruolo cruciale nell’apertura e nella chiusura dei periodi critici, che coincide con il completamento della loro stessa maturazione.

Alcuni studi sperimentali hanno dimostrato che l’inibizione degli interneuroni PV+ durante l’infanzia e l’adolescenza comporta conseguenze persistenti nell’adulto, mentre la loro modulazione durante l’età adulta non provoca effetti che permangono nel tempo, sottolineando il loro ruolo cruciale in precisi periodi della vita.

Con l’avanzare dell’età però, le sinapsi diventano meno flessibili e viene ostacolata la formazione di nuove connessioni e il rimodellamento di quelle già esistenti.

Questo processo si basa sulla graduale formazione di reti, man mano sempre più fitte, di proteine e carboidrati attorno ai neuroni. Nello specifico, verso la fine dei periodi critici, proprio gli interneuroni PV+, ormai maturi, vengono avvolti da strutture denominate “reti perineuronali” (PNNs) determinando la chiusura dei periodi critici e la conseguente riduzione della plasticità al termine dello sviluppo. 

Ma cosa sono queste reti? Si tratta di un tipo di matrice extracellulare composta principalmente da catene di glicosaminoglicani, come proteoglicani condroitin solfato e proteoglicani eparan solfato. Le PNNs sono state descritte per la prima volta da Golgi alla fine del 1800, ma solo recentemente sono state associate ai processi di neuroplasticità. In particolare, è stato ipotizzato che le PNNs siano in grado di modulare la neuroplasticità attraverso tre diversi meccanismi: ostacolando fisicamente la formazione di nuove sinapsi, agendo da scaffold per molecole che inibiscono la formazione sinaptica, e limitando la motilità dei recettori AMPA.

Considerando quindi il loro ruolo essenziale nello sviluppo cerebrale, è chiaro come alterazioni di processi legati alla formazione delle PNNs possano condurre a condizioni patologiche più o meno gravi. Ci sono studi che suggeriscono che le PNNs siano coinvolte nella fisiopatologia di disturbi psichiatrici come la schizofrenia, il disturbo bipolare, la depressione maggiore, l’autismo e la dipendenza, portando all’ipotesi che le anomalie delle PNNs possano condurre a una condizione patologica condivisa dai disturbi psichiatrici. Alcuni ipotizzano il coinvolgimento dell’equilibrio eccitatorio-inibitorio: le PNNs sarebbero coinvolte nella modulazione di un’attività di rete sincrona, importante per la flessibilità cognitiva e il corretto processamento delle informazioni, entrambi alterati, per esempio, nei pazienti affetti da schizofrenia.

Su queste basi, nell’ambito del mio progetto di dottorato, abbiamo deciso di investigare i potenziali cambiamenti relativi alle PNNs in un modello preclinico di condizioni psichiatriche in modo da identificare meccanismi che possano sottendere specifici aspetti patologici.

Comprendere, infatti, i meccanismi molecolari alla base della correlazione tra alterazione delle PNNs e le varie condizioni patologiche potrebbe essere importante per offrire spunti su nuovi approcci terapeutici.


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