Le vescicole extracellulari autologhe nella medicina personalizzata: una visione prospettica

Sono Fereshteh Shojaeighahrizjani, dottoranda del terzo anno del Dottorato di Ricerca in “Scienze Farmacologiche, Biomolecolari, Sperimentali e Cliniche” presso l’Università degli Studi di Milano. Sto terminando la mia tesi nel “Laboratorio di Farmacologia Molecolare e Biologia del Cancro” diretto da Paolo Ciana del Dipartimento di Scienze della Salute. In questo post introdurrò le vescicole extracellulari derivate da cellule tumorali, la metodologia che abbiamo impostato per la loro potenziale applicazione quale strumento di medicina personalizzata e fornirò infine alcuni dati preliminari riguardanti il meccanismo alla base della loro elevata affinità per il tessuto neoplastico.


Le vescicole extracellulari (EVs) sono particelle delimitate da doppio strato lipidico che vengono rilasciate naturalmente da quasi tutti i tipi di cellule, la loro dimensione rientra in un intervallo di 50-1000 nm, tuttavia le dimensioni sono piuttosto variabili e dipendono dalla tipologia di vescicola. In particolare, le EVs si classificano in tre categorie: a) esosomi (nanoparticelle più piccole con dimensioni comprese tra 50-150 nm di origine endocitica), microvescicole (con dimensioni maggiori tra 100-1000 nm e rilasciate per invaginazione della membrana plasmacellulare) e corpi apoptotici (tra 1-5 μm rilasciati dalle cellule durante il processo apoptotico di morte cellulare programmata).

Le EVs contengono al loro interno una grande varietà di molecole come acidi nucleici e proteine, le quali possono anche localizzarsi sulla membrana lipidica. Il contenuto delle EVs è spesso utilizzato come biomarcatore fisiopatologico e svolge una partecipazione attiva nei processi biologici modificando il fenotipo delle cellule nei tessuti bersaglio. Gli esosomi, si formano per gemmazione di particelle lipidiche presenti all’interno della cellula chiamate endosomi precoci, che maturando diventano corpi multivescicolari (MVB).

Gli MVB vengono infine inviati al lisosoma per essere degradati insieme a tutti i loro componenti o fusi con la membrana plasmatica della cellula per rilasciare il loro contenuto, compresi gli esosomi, nello spazio extracellulare. Gli esosomi trasportano il loro carico ad altre cellule dell’organismo adiacenti o distanti rispetto al sito di origine, e sono considerati un elemento importante della comunicazione tra cellule dello stesso tessuto o di tessuti diversi negli organismi multicellulari.


Un interesse comune nella ricerca sugli esosomi è quello di valutare le loro possibili applicazioni quali biomarcatori diagnostici e prognostici per svariate malattie perché possono essere isolati da vari fluidi biologici, tra cui sangue, urina, saliva e latte materno. Infatti, la loro composizione e il loro carico riflettono quelli delle cellule progenitrici da cui hanno origine. Per questo motivo, le EVs rappresentano una potenziale fonte di biomarcatori per la diagnosi e il monitoraggio di diverse patologie tra cui il cancro.


Recentemente, le EVs hanno attirato molte attenzioni in ambito scientifico poiché possono essere utilizzate come vettori di farmaci, inoltre possono essere definite prodotti di origine naturale, biocompatibili e di dimensioni nanometriche, potenzialmente modificabili nella loro struttura. Diverse metodologie sono ancora in fase di sviluppo preclinico per l’introduzione di farmaci diagnostici, curativi o teranostici, così come EVs in grado di indirizzare gli agenti terapeutici in modo tessuto-specifico.

Tuttavia, ad oggi nessuna delle metodologie sviluppate per la veicolazione di farmaci basate sulle EVs è stata in grado di raggiungere un’applicazione terapeutica a livello clinico. Per facilitare la traslazione clinica, nel nostro laboratorio abbiamo sviluppato un metodo che permette di preparare le EVs autologhe dal plasma del paziente oncologico e utilizzarle per il delivery di agenti teranostici in modo selettivo al tumore del paziente stesso, dal quale sono state isolate.


Per raggiungere questo risultato, abbiamo inizialmente caratterizzato il profilo di biodistribuzione tissutale delle EVs di diversa origine in un modello murino di cancro al colon. Le EVs sono state isolate dai terreni condizionati di linee cellulari tumorali e linee cellulari non trasformate e, dopo averle caricate con un colorante fluorescente (verde indocinina, ICG), iniettate ai topi. Misurando attraverso metodiche di imaging ottico l’accumulo di colorante fluorescente in vivo, abbiamo osservato che le EV derivate da cellule tumorali mostravano una capacità intrinseca di accumularsi nel tessuto tumorale, mentre non è stato rilevato alcun segnale fluorescente nel caso di EVs derivate da cellule non trasformate.

Questo comportamento è stato chiamato proprietà di homing o tropismo delle EVs derivate dal cancro verso il tessuto neoplastico. L’homing di EVs derivate dal cancro è stato successivamente confermato in EVs derivate anche dal plasma di pazienti affetti da cancro del colon rispetto a individui sani. Il primo e più significativo vantaggio di questo comportamento di homing è di utilizzare questa proprietà innata delle EVs per veicolare in modo diretto e selettivo agenti biologici, farmaci chemioterapici e agenti diagnostici utilizzando EVs autologhe derivate dai pazienti stessi dai quali sono state prelevate. L’obiettivo è quindi di eseguire una terapia personalizzata attraverso la veicolazione dei farmaci con EVs totalmente biocompatibili.


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