La comunicazione riveste un ruolo sempre più importate nella nostra vita: siamo nell’era delle connessioni no-limit, che ci permettono di conoscere tutto del mondo che ci circonda in tempo reale e di far conoscere al mondo il nostro io. Questo grazie all’avvento di tecnologie sempre più avanzate.
Tecnologie però pensate e sviluppate da noi, dai nostri cervelli, grazie alla comunicazione tra le nostre cellule. Certo, perché siamo fatti da cellule, milioni di cellule, che nel corso del tempo hanno sviluppato dei sistemi sempre più complessi per parlarsi, per stare insieme e dare vita alla “tecnologia” più evoluta di sempre: l’uomo.
Molto è già noto sul linguaggio e sui meccanismi di comunicazione utilizzati dalle cellule: le cellule vicine si scambiano informazioni velocemente, mentre per quelle fisicamente lontane la comunicazione è più lenta e complessa. Recentemente è stato scoperto un nuovo sistema con cui le cellule potrebbero scambiarsi informazioni anche a distanza. Questo sistema è basato su alcune strutture cellulari specializzate chiamate vescicole extracellulari. Possiamo immaginare queste strutture come delle mini-cellule, costituite da uno strato esterno di membrana cellulare, che al suo interno può racchiudere diversi tipi di molecole, tra cui proteine e RNA. Le vescicole extracellulari vengono secrete dalle cellule e da questo momento in poi sono libere di viaggiare nei fluidi extracellulari, come per esempio il sangue, trasportando le loro informazioni come fossero dei postini.
Alcuni scienziati hanno anche ipotizzato che le vescicole extracellulari rappresentino invece una sorta di spazzini della cellula e che quindi possano essere un sistema utilizzato dalle cellule per eliminare molecole potenzialmente tossiche, come per esempio le proteine mutate/alterate nelle malattie neurodegenerative. Infatti, diversi gruppi di ricerca hanno dimostrato che le vescicole extracellulari contengono proteine patologiche associate a malattie come l’Alzheimer (AD), il Parkinson (PD), la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e la demenza frontotemporale (FDT).
La FDT racchiude un gruppo eterogeneo di malattie neurodegenerative, non-AD, caratterizzate da disturbi nel comportamento e nel linguaggio e associate a una diminuzione delle capacità intellettive. La FTD si manifesta in genere tra i 35 e i 75 anni e rappresenta la seconda causa di demenza, dopo l’AD. Da un punto di vista clinico, la FTD colpisce i lobi frontali e temporali causando cambi della personalità, incapacità di riconoscere il significato delle parole e degli oggetti, disfunzioni nel linguaggio e un generale declino cognitivo. Da un punto di vista molecolare, circa la metà dei pazienti presenta nelle cellule colpite accumuli anomali di una proteina chiamata TDP-43 (associata anche alla SLA); sono frequenti anche accumuli delle proteine tau, FUS e di piccoli peptidi chiamati DPR (anch’essi associati a SLA).
Recentemente è stato osservato che sia la proteina TDP-43 sia i DPR sono presenti nelle vescicole extracellulari, confermando l’idea che queste strutture potrebbero giocare un ruolo importante nella malattia.
Grazie a un finanziamento appena ottenuto dalla Fondazione Cariplo, il mio gruppo, in collaborazione con quello della dott.ssa Stella Gagliardi della Fondazione Mondino IRCCS di Pavia, cercherà di determinare il ruolo delle vescicole extracellulari nella FTD. In particolare, il nostro progetto si propone di caratterizzare il contenuto (in termini di RNA e proteine) delle vescicole derivate dal sangue di pazienti FTD e da controlli sani. Quest’analisi ci permetterà di individuare possibili segni biologici caratteristici (biomarcatori) presenti nelle vescicole dei pazienti, che potranno essere utilizzati in un futuro per la diagnosi e lo studio della progressione della malattia. Ad oggi, purtroppo i biomarcatori per FTD sono completamente assenti. Inoltre, utilizzeremo modelli cellulari di FTD per studiare il possibile ruolo di “spazzini” delle vescicole extracellulari. Questi studi ci aiuteranno a comprendere se le vescicole extracellulari possano avere un ruolo attivo nell’eliminazione delle proteine neurotossiche, rappresentando quindi un importante bersaglio terapeutico per la FTD, come per altre malattie neurodegenerative.
Lascia un commento