Le ulcere cutanee sono lesioni che derivano dalla perdita di tessuto e coinvolgono gli strati più esterni e spesso anche quelli più profondi della cute. Queste lesioni, frequentemente dolorose, sono aggravate da un’alterata capacità di guarigione, che si manifesta ad esempio attraverso processi di cicatrizzazione e di risoluzione della ferita rallentati.
Le condizioni che possono determinare la loro formazione sono diverse. Le ulcere da decubito, ad esempio, sono provocate dalla mancanza di un adeguato afflusso di sangue, mentre altre cause comprendono: stasi venosa, infezioni, problemi neurologici e malattie autoimmuni.
Le caratteristiche che accomunano queste lesioni sono il persistente stato infiammatorio locale e l’insufficiente apporto di ossigeno (ipossia), un elemento critico che altera tutte le fasi di guarigione della cute.
Le ulcere colpiscono circa 2 milioni di pazienti in Italia e coinvolgono circa l’1% della popolazione adulta, salendo fino al 3-5 % nei soggetti oltre i 65 anni [Greaves 2013].
L’impatto sociale è considerevole, con costi stimati per il sistema sanitario che superano 1,5 miliardi di euro all’anno solamente nel nostro paese, senza considerare che le ulcere diabetiche sono la prima causa di amputazione di gambe e piedi.
La terapia di ossigenazione iperbarica, seppur valida, rappresenta una soluzione costosa e scomoda per queste patologie, mentre le attuali applicazioni locali di emulsioni di ossigeno non sembrano fornire un adeguato apporto per gli strati più profondi della cute.
Sulle base di queste premesse due, ricercatori del nostro Ateneo, Mario Dell’Agli (dal nostro dipartimento) e Nicoletta Basilico (dal dipartimento di Scienze Biomediche, Chirurgiche ed Odontoiatriche), stanno conducendo una ricerca con il contributo di Fondazione Cariplo sul ruolo dell’ossigeno nella regolazione dei meccanismi biologici alla base della guarigione delle ferite. La ricerca valuta l’effetto di una nuova nanotecnologia, una formulazione ricca di nanogocce sviluppata da Mauro Prato, dell’Università di Torino, in modelli in vitro di cute umana.
Le nanogocce sono polimeri sferici capaci di immagazzinare ossigeno e rilasciarlo dove necessario, per tempi più lunghi rispetto ad una tradizionale emulsione.
In una prima fase di studio sono stati analizzati gli effetti proinfiammatori dell’ipossia in diversi tipi cellulari di cute umana, valutando successivamente l’effetto protettivo di questa innovativa formulazione.
In una fase successiva le nanogocce verranno rivestite con molecole anti-infiammatorie di origine vegetale per “spegnere” l’infiammazione dove già innescata. In questo modo con una sola soluzione si riuscirà a intervenire sui due principali problemi dell’ulcera cutanea: la scarsa ossigenazione e l’infiammazione, prendendo i classici “due piccioni con una fava”.
I risultati di questa ricerca, ancora in fase iniziale, potrebbero portare in futuro allo sviluppo di una nuova terapia efficace e di facile applicazione per il trattamento di queste lesioni.
Greaves, Journal of dermatological science. 2013;72:206-217
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