Nuovi approcci terapeutici al dolore neuropatico

Mi chiamo Giorgia Moschetti e sono una studentessa del secondo anno di dottorato presso il laboratorio di Paola Sacerdote. L’interesse principale del laboratorio è quello di studiare i meccanismi fisiopatologici alla base dello sviluppo di dolore neuropatico e di trovare nuovi approcci terapeutici per la sua cura.

In particolare, stiamo studiando il ruolo di una nuova famiglia di chemochine – le prochineticine (PK) –  nello sviluppo e nella cronicizzazione della neuropatia periferica indotta da chemioterapici e se il blocco farmacologico dei recettori di questo sistema possa rappresentare una valida strategia terapeutica.

Anche se i meccanismi alla base della neuropatia indotta da chemioterapici non sono ancora stati completamente chiariti, è ormai chiaro che si tratta di una patologia multifattoriale, causata dalla presenza di tossicità mitocondriale, alterazioni di canali ionici, un forte coinvolgimento di processi neuroinfiammatori e alterazioni a livello neuronale. Per approfondire quest’ultimo aspetto, grazie al nostro corso di dottorato (Scienze farmacologiche sperimentali e cliniche) che fornisce la possibilità di passare un periodo presso un istituto di ricerca all’estero, a novembre mi sono trasferita in Austria e ho svolto una parte del mio progetto di dottorato presso la Medical University of Innsbruck nel laboratorio di Michaela Kress.
Lì abbiamo concentrato la nostra attenzione sugli effetti del trattamento in vitro con diversi farmaci chemioterapici sui neuroni e in particolare sulla crescita e l’estensione dei loro processi, i neuriti, fondamentali per la corretta architettura e per il funzionamento cellulare e tissutale.

Per fare questo, abbiamo stimolato i neuroni con diverse concentrazioni di agenti chemioterapici, in modo da simulare le concentrazioni utilizzate in clinica, dove la dose tollerabile è somministrata cronicamente. Abbiamo poi misurato la lunghezza dei singoli neuriti di ogni cellula in seguito al trattamento con o senza questi agenti. I neuroni trattati con gli agenti chemioterapici erano caratterizzati da una chiara riduzione della lunghezza totale dei neuriti, rispetto alle cellule controllo, ovvero quelle che non erano state trattate. Inoltre, l’entità della riduzione dei processi cellulari era chiaramente correlata alla dose di chemioterapico testata: maggiore era la dose del farmaco e minore era la lunghezza dei processi cellulari.

Il danneggiamento strutturale dei neuriti potrebbe rappresentare una delle modalità con cui i farmaci antineoplastici inducono neuropatia nei pazienti sottoposti al trattamento con questi agenti. Così, una volta verificati gli effetti indotti dai nostri farmaci antitumorali sulla crescita dei processi neuronali, abbiamo voluto verificare se il blocco recettoriale del sistema delle PK fosse in grado di proteggere i neuroni dalla neurotossicità dei farmaci antineoplastici. Per fare questo, in concomitanza con gli agenti chemioterapici, è stato somministrato anche un antagonista del sistema delle PK. Quest’ultimo si è dimostrato efficace nel mantenere una lunghezza dei neuriti più simile a quella di neuroni controllo, contrastando l’effetto deleterio indotto dai chemioterapici.

Visti i primi incoraggianti risultati ottenuti in questi esperimenti, al momento stiamo studiando i meccanismi molecolari alla base degli effetti dell’antagonismo di questo sistema sulla crescita dei neuriti.


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