Prospettive future dell’alimentazione: infiammazione, composizione del microbioma intestinale e prevenzione cardiovascolare

Buongiorno a tutti, sono Elisa Mattavelli, dottoranda del terzo anno del corso in Scienze Farmacologiche, biomolecolari, sperimentali e cliniche presso l’Università degli Studi di Milano. Svolgo la mia attività di ricerca presso il Centro per lo studio dell’aterosclerosi (Ospedale Bassini, Milano), occupandomi della relazione tra alimentazione, infiammazione, prevenzione cardiovascolare e come il microbioma intestinale possa esserne un mediatore.  

L’affermazione di Ludwig Feuerbach, “noi siamo quello che mangiamo”, a distanza di oltre 200 anni, rappresenta ancora un punto cardine per la ricerca in ambito nutrizionale. L’alimentazione è infatti, un aspetto estremamente rilevante nella valutazione clinica dei soggetti che abbiamo di fronte. 

La scelta alimentare, in Italia, come nel resto del mondo, si è evoluta nel tempo ed è in continua evoluzione. Con il passare degli anni il modello di dieta mediterranea, una dieta frugale, ricca in prodotti di origine vegetale e considerato nel tempo benefico per la protezione cardiovascolare,  è stato gradualmente sostituito dalla dieta occidentale, caratterizzata da un maggior consumo di prodotti di origine animale, prodotti trasformati e ad elevatissimo contenuto energetico e di grassi, che ha portato ad una maggiore incidenza di patologie non-trasmissibili, in cui rientrano le patologie cardiovascolari (CVD). Inoltre, il modello alimentare occidentale si caratterizza anche per un potenziale pro-infiammatorio in opposizione agli effetti anti-infiammatori attribuiti del modello di dieta mediterranea. 

Pertanto, è intuitivo pensare che, in aggiunta all’effetto “metabolico” della dieta (definito prettamente dal potenziale energetico di ogni nutriente e dipendente dalla fitness dell’individuo), vi sia anche un effetto “infiammatorio”, indipendente dal quantitativo calorico derivante dalla dieta, che contribuisce a una maggiore suscettibilità individuale allo sviluppo di malattia CVD.

Malgrado i modelli in vitro e i modelli animali (evidenze sperimentali) documentino un effetto pro-infiammatorio dei nutrienti in relazione al danno cardiovascolare, quando queste associazioni vengono indagate nell’uomo, spesso, emergono risultati inconcludenti o addirittura discordanti (1). Ecco che abbiamo reso complicata, l’affermazione tanto vera e tanto semplice di Ludwig Feuerbach.

Prendiamo l’esempio degli acidi grassi saturi. Fino ad oggi, le raccomandazioni per la prevenzione di patologie cardiovascolari sono a sostegno della riduzione del consumo di acidi grassi saturi, prevalentemente contenuti in alimenti di origine animali (formaggi, burro, carni processate ed ultra-processate). Le evidenze sperimentali documentano un effetto pro-infiammatorio degli acidi grassi saturi. 

Queste affermazioni sono sostenute dall’esperienza della corte spagnola SUN (Seguimento Universidad de Navarra, Spagna) in cui un maggior potenziale pro-infiammatorio della dieta, specchio di un maggior consumo di acidi grassi saturi, prediceva una maggior incidenza di patologie coronariche. D’altro canto, l’indagine PURE (Prospective Urban Rural Epidemiology), ha rilevato una riduzione del 21% del rischio di infarto, una delle principali conseguenze delle patologie coronariche, tra coloro che consumavano più acidi grassi saturi, senza rilevare alcuna associazione tra consumo di acidi grassi saturi e incidenza di patologie cardiovascolari e mortalità cardiovascolare.  

È proprio da qui che ha iniziato a prendere forma il mio progetto di dottorato, ipotizzando così la necessità di tenere in considerazione il microbioma intestinale quale fattore che, data la sua stretta connessione con la dieta, la fitness metabolica dell’organismo e svariati processi immunitari ed infiammatori, ha il potenziale di riconciliare questi dati contrastanti tra l’evidenza sperimentale e la pratica clinica. 

Ma come possiamo smascherare il ruolo del microbioma intestinale nella relazione tra potenziale pro-infiammatorio della dieta e patologia cardiovascolare?

Tutte le volte che mangiamo un pasto a differente composizione nutrizionale, il nostro organismo risponde “in acuto” (la cosiddetta “fase postprandiale”) in misura differente non soltanto in funzione di quanto esso è più “allenato” nel catabolizzare i componenti del pasto ma anche di quanto il suo microbioma intestinale è in grado di “spacchettare” questi stessi componenti, facilitando il loro metabolismo. 

La comprensione di questi meccanismi trova proprio immediato riscontro nelle popolazioni occidentali, esposte costantemente nell’arco della giornata a pasti ricchi di nutrienti ad elevato potenziale energetico (grassi in primis), in cui è stata identificata una stretta associazione tra l’entità della risposta in acuto e composizione del microbioma intestinale.

Nostre precedenti esperienze hanno condotto ad alcune osservazioni che supportano la possibilità di identificare specifici ceppi batterici, quali potenziali target di intervento nutrizionale o nutraceutico. Infatti, l’assunzione di alcuni alimenti è riconducibile alla presenza di alcune specie microbiche pro-/anti-infiammatorie a livello intestinale, in soggetti con differente “gradi” di danno vascolare. Ad esempio, quei soggetti con maggior danno vascolare, che consumano più carni ultra-processate, presentano maggiori quantità di batteri pro-infiammatori a livello intestinale, viceversa i soggetti con minor danno vascolare, che consumano più verdure e cereali, presentano un maggior quantitativo di batteri con attività anti-infiammatorie (Nutra-Horizons (2)). 

Queste osservazioni, ci permettono ipotizzare che modificando le abitudini alimentari si possa modulare la composizione e le attività pro-/anti-infiammatorie del microbioma intestinale, con conseguente miglioramento della risposta postprandiale in maniera “personalizzata” per quei soggetti più esposti al rischio cardiovascolare. 

1.      Mattavelli, E., Catapano, A.L., Baragetti, A. (2021). Molecular Immune-Inflammatory Connections between Dietary Fats and Atherosclerotic Cardiovascular Disease: Which Translation into Clinics? Nutrients, 13(11),3768. 

2.      Baragetti, A., Mattavelli, E. (2022). Microbiota intestinale e patologie cardiovascolari: il futuro dell’alimentazione [Internet]. Nutra-Horizons. 

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