Quello che forse non tutti sanno sulla chemioterapia…

Il dolore neuropatico è una forma di dolore cronico causato da una disfunzione o da un danno a livello del sistema nervoso centrale o periferico. Tra le condizioni che portano allo sviluppo di dolore neuropatico c’è anche l’assunzione di farmaci chemioterapici. La maggior parte degli agenti antineoplastici comunemente utilizzati nella pratica clinica induce lo sviluppo di una polineuropatia caratterizzata da dolore di varia intensità, formicolio, bruciore, e torpore.

Spesso si verifica un’alterazione dei riflessi, carenze di forza più o meno marcate, aumento, riduzione o assenza di risposta a stimoli sensitivi, ma soprattutto si ha lo sviluppo di allodinia (una risposta anomala a stimoli non dolorosi) ed iperalgesia (un’aumentata risposta dolorosa a stimoli dolorosi di lieve entità). I farmaci ad oggi disponibili per la gestione del dolore neuropatico mostrano sfortunatamente una scarsa efficacia e molti effetti collaterali, il risultato di tutto ciò è un notevole abbassamento della qualità della vita dei pazienti. 
È facile capire come questa condizione sia fortemente debilitante e costringa molto spesso il paziente a richiedere una riduzione della dose del chemioterapico, il cambio con un altro farmaco o addirittura l’interruzione del trattamento, aumentando il rischio di mortalità correlata al cancro.
Per cercare dei nuovi approcci terapeutici, è prima di tutto necessario capire i meccanismi molecolari alla base di questa patologia; come già detto in precedenti post, il laboratorio di Paola Sacerdote, dove sto svolgendo il mio dottorato, si sta occupando negli ultimi anni proprio di questo.
È noto dalla letteratura come la neuropatia periferica indotta da chemioterapici (CIPN) sia una patologia multifattoriale caratterizzata dalla presenza di tossicità mitocondriale, alterazioni di canali ionici, alterazioni neuronali e, come da noi osservato in altre forme di dolore neuropatico, da un forte coinvolgimento di processi neuroinfiammatori.

Abbiamo quindi voluto verificare, grazie all’utilizzo di un modello sperimentale, quali fossero le differenze nello sviluppo di CIPN utilizzando due farmaci antineoplastici completamente differenti: Bortezomib, un inibitore del proteasoma 26S, e Vincristina, che bloccando la polimerizzazione dei microtubuli causa un arresto delle cellule  nella mitosi e quindi la morte delle stesse.  I due farmaci appartengono a due generazioni completamente diverse, infatti mentre l’uso di Bortezomib è stato approvato dall’US FDA nel 2003, quello della Vincristina risale agli anni “60. 
Quello che abbiamo osservato è che entrambi i farmaci inducono lo sviluppo di ipersensibilità nel nostro modello, con presenza, come accade nei pazienti, sia di allodinia che di iperalgesia. Questi sintomi sono correlati alla dose cumulativa del chemioterapico, ovvero con il passare dei giorni di trattamento si assiste ad un peggioramento della sintomatologia dolorosa. 
Dal punto di vista biochimico abbiamo osservato come i tessuti principalmente coinvolti nella trasmissione del segnale doloroso (nervi, gangli della radice dorsale e midollo spinale) sono caratterizzati dalla presenza di un profilo pro-infiammatorio sostenuto probabilmente dall’attivazione macrofagica e gliale.  La  CIPN è caratterizzata non solo da una forte neuroinfiammazione, ma come già anticipato, anche dalla presenza di un’alterazione a livello neuronale; per questo motivo abbiamo deciso di iniziare ad approfondire questo aspetto utilizzando un modello in vitro rappresentato da colture di neuroni di ganglio radicolare dorsale. Nei nostri esperimenti, abbiamo osservato come entrambi i farmaci chemioterapici hanno un forte effetto tossico sulla componente neuronale. Infatti, i neuroni trattati con diverse concentrazioni di Bortezomib e Vincristina sono caratterizzati da una riduzione dose dipendente della lunghezza ma anche del numero di processi, parametri che possono essere correlati ad un’alterata segnalazione neuronale.
Oltre ad aver valutato questi aspetti generali della patologia, riguardanti la tossicità e la neuroinfiammazione, il focus di questo progetto è stato quello di investigare il ruolo del sistema delle prochineticine nello sviluppo e nel mantenimento della CIPN. In quanto questo sistema, coinvolto in neuropatie di diversa eziologia, rappresenta un ponte tra la componente immunitaria e quella neuronale come già raccontato da Silvia in precedenti articoli (1, 2).

I risultati da noi ottenuti dimostrano che il sistema delle prochineticine potrebbe essere un nuovo target farmacologico per la gestione di questo tipo di dolore!


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