Ricercando la SLA

La Sclerosi Laterale Amiotrofica, o più semplicemente SLA, è una malattia neurodegenerativa, invariabilmente fatale, che colpisce in età adulta impedendo, alle persone affette, ogni forma di movimento del proprio corpo, lasciandoli in una paralisi flaccida.

Da anni, nel gruppo dove lavoro, con Angelo Poletti, ci stiamo occupando di SLA, nella speranza di trovare una cura. Purtroppo, la SLA di semplice ha ben poco. Scoperta alla fine del 1800 dal neurologo francese Jean-Martin Charcot, per decenni poco studiata e mal diagnosticata, è stata fortunatamente oggetto di intense ricerche negli ultimi 25 anni, ma resta ancora una malattia ad insorgenza sconosciuta. Nella maggior parte dei casi la SLA insorge in pazienti privi di una storia familiare di malattia (forma sporadica). Esistono tuttavia forme familiari ereditarie, che interessano una piccola percentuale di pazienti, in cui la malattia può manifestarsi a seguito di una particolare mutazione genetica, che può quindi essere trasmessa alle generazioni successive. Ad oggi sono stati identificati diversi geni che, se mutati, causano la malattia; lo studio di questi geni ha permesso di identificare alcuni meccanismi alla base della SLA. Tuttavia, le numerose ricerche condotte fino ad ora non hanno permesso di identificare un meccanismo chiaro e univoco che possa spiegare la morte neuronale associata alla malattia.

La SLA è una malattia che colpisce un particolare tipo di neuroni, i motoneuroni. Queste sono le cellule del sistema nervoso che governano i movimenti del nostro corpo. I motoneuroni sono neuroni altamente specializzati, formati da un corpo cellulare e da un lungo prolungamento (assone), che può raggiungere anche un metro di lunghezza. Il corpo cellulare riceve il messaggio che si origina nel cervello, sotto forma di impulso nervoso, e l’assone lo trasporta fino ai muscoli, che rispondono contraendosi. Esistono due tipi di motoneuroni: il primo motoneurone che decide quando il muscolo si contrae volontariamente e si trova nella corteccia cerebrale: questo motoneurone integra quindi i segnali dal cervello e li invia tramite un impulso elettrico al secondo motoneurone. Il secondo motoneurone si trova a livello del tronco encefalico e del midollo spinale e media lo stimolo del primo motoneurone; inoltre, media i vari riflessi motori. Grazie al suo assone, che esce dal midollo spinale, questo motoneurone si connette direttamente alla fibra muscolare.

I motoneuroni quindi “parlano” ai muscoli, permettendoci di rispondere in modo adeguato ad un particolare stimolo e la loro morte nella SLA porta all’incapacità di controllare i muscoli e alla loro atrofia. Infatti, i motoneuroni ci permettono di bere quando abbiamo sete, di rispondere al telefono quando lo sentiamo squillare, di esultare di gioia quando la nostra squadra del cuore segna un goal, di camminare, o molto più semplicemente di respirare.

Nella SLA sia il primo che il secondo motoneurone “si ammalano” e pian piano muoiono. A differenza di molte altre cellule del nostro organismo, come per esempio le cellule della cute, i motoneuroni non possono essere “sostituiti” da nuovi motoneuroni; questo perché sono cellule post-mitotiche, che si sono formate durante lo sviluppo embrionale e con il tempo, durante lo la crescita del nostro corpo, si sono differenziate e hanno generato la rete di contatti capace di regolare la contrazione muscolare.

La morte dei motoneuroni si traduce quindi in un’iniziale debolezza, nell’incapacità di compiere alcuni semplici movimenti, che porta poi a una paralisi progressiva di tutti gli arti, alla perdita della parola e della capacità di compiere qualsiasi gesto in autonomia. La degenerazione conduce inesorabilmente a morte, generalmente per insufficienza respiratoria, dopo 3-5 anni dall’insorgenza dei primi sintomi. Ad oggi, purtroppo non esiste alcuna cura efficace per la SLA.

Nei prossimi post vi racconterò quello che si è scoperto fino ad ora sulla SLA, entrando nel dettaglio dei possibili meccanismi responsabili della morte dei motoneuroni, della genetica della malattia e degli approcci terapeutici.


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Commenti

Una risposta a “Ricercando la SLA”

  1. […] alcuni dei post precedenti abbiamo parlato della sclerosi laterale amiotrofica (SLA), una malattia […]

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