Terapia fagica: di cosa si tratta e a cosa potrebbe servirci?

Per terapia fagica si intende l’utilizzo dei fagi per combattere le infezioni batteriche. I batteriofagi (o fagi) sono virus che attaccano solo le cellule batteriche, senza creare alcun danno a quelle eucariotiche, quali quelle del nostro corpo. I fagi si riproducono all’interno del batterio che hanno attaccato e ne provocano la morte per lisi cellulare. Quindi i fagi possono essere considerati i nemici naturali dei batteri.

Negli ultimi anni, molti batteri stanno diventando resistenti agli antibiotici comunemente utilizzati in terapia, tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato un allarme globale per rafforzare la prevenzione e il controllo delle infezioni e garantire un uso prudente degli antimicrobici. Diventa quindi interessante considerare i fagi come arma alternativa contro le infezioni batteriche multi-resistenti. Se un batterio patogeno sviluppa resistenza a un antibiotico e di conseguenza il trattamento farmacologico non riesce ad eliminare l’infezione, è verosimile che in natura ci sia un fago in grado di infettarlo ed eliminarlo. La terapia fagica può essere considerata una terapia personalizzata nella quale, dopo aver isolato il batterio causativo dell’infezione, si identifica un fago capace di attaccarlo che verrà poi utilizzato per il trattamento. Questo in Italia e nel mondo occidentale non è ancora un campo di studio largamente esplorato. Quando si parla di terapia fagica si intende soprattutto affiancare questa terapia a quella antibiotica, basandosi sui risultati di alcuni studi, tra i quali anche uno condotto dal mio gruppo di ricerca, che hanno dimostrato che spesso l’uso delle due terapie ha un effetto sinergico.

La terapia fagica presenta alcuni vantaggi rispetto a quella antibiotica: per esempio grazie all’alta specificità dell’infezione di un fago per uno specifico batterio-bersaglio, la terapia fagica non colpisce gli altri batteri dell’individuo, ad esempio quelli della flora intestinale come invece avviene nel caso di una terapia antibiotica a largo spettro. Tuttavia, un grosso limite della terapia fagica è legato alla mancanza di una legislazione specifica che ne regolamenti l’utilizzo. Solo recentemente la Food and Drug Administration ha permesso alcuni interventi compassionevoli, ma si tratta per ora solo di casi sporadici. Per il momento in Italia non è prevista la possibilità di effettuare una terapia fagica, ma l’interesse del mondo scientifico e clinico sta progressivamente aumentando e la situazione potrebbe cambiare velocemente.

Con Marco Cafora, Massimo Aureli e Nicoletta Loberto del mio Dipartimento di Biotecnologie Mediche e Medicina Traslazionale, con il gruppo di Federica Briani, Daniela Ghisotti e Francesca Forti del Dipartimento di Bioscienze, e Gianluca Deflorian dell’IFOM, abbiamo partecipato a due progetti finanziati dalla Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica – Onlus, volti a verificare l’efficacia della terapia fagica nella cura delle infezioni da Pseudomonas aeruginosa. Questo batterio è causa delle infezioni più comuni e pericolose per i pazienti affetti da fibrosi cistica. Abbiamo utilizzato il pesce zebrafish (Danio rerio), come modello di fibrosi cistica dimostrando in vivo l’efficacia della terapia fagica nel combattere l’infezione batterica causata da P. aeruginosa e stiamo attualmente testando il ruolo dei fagi nei confronti del sistema immunitario. Dimostrare che i fagi non presentano effetti collaterali diventa di sostanziale importanza se si pensa che potrebbero diventare presto un trattamento per combattere le infezioni dei pazienti.

Anna Silvia Pistocchi
Dipartimento di Biotecnologie Mediche e Medicina Traslazionale
Università degli Studi di Milano


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