Ciao a tutti! Mi chiamo Asiiat Alieva. Dopo la laurea in Medicina in Russia, mi sono specializzata in cardiologia e adesso sto frequentando l’ultimo anno del dottorato in Scienze Farmacologiche Biomolecolari, Sperimentali e Cliniche, svolgendo la mia attività di ricerca presso il Servizio di Epidemiologia e Farmacologia Preventiva dell’Università degli Studi di Milano. Recentemente, mi sono occupata di una tematica molto attuale: la prevalenza di sindrome metabolica (SM) e l’impatto sul rischio cardiovascolare delle diverse componenti che la definiscono.
Le patologie cardio-cerebrovascolari costituiscono, tutt’oggi, la principale causa di mortalità e morbosità nei paesi industrializzati. L’Organizzazione Mondiale della Sanità riconosce in questo ambito due importanti problemi di sanità pubblica: l’importanza di stabilire con precisione il rischio cardiovascolare e la necessità di implementare efficienti strategie di prevenzione. Diversi approcci e sistemi di valutazione del rischio sono attualmente disponibili al fine di prevedere futuri eventi cardiovascolari. In quest’ultimo decennio, in base alla prevalenza nelle diverse popolazioni e al suo grande impatto clinico, uno dei più importanti cluster di condizioni da prendere in considerazione in campo cardiovascolare è sicuramente la sindrome metabolica.
La sindrome metabolica è caratterizzata da un insieme di alterazioni metaboliche e cliniche tra cui: dislipidemia, ridotta tolleranza glucidica, ipertensione ed obesità viscerale. L’individuazione e il trattamento precoce delle varie componenti della sindrome sono di importanza cruciale per prevenire la progressione verso il diabete e per ridurre un’importante quota di eventi cardio- e cerebrovascolari. Evidenze di letteratura ci suggeriscono infatti che soggetti con sindrome metabolica presentano un rischio cinque volte maggiore di sviluppare il diabete e due volte maggiore di sviluppare malattie cardiache.
La diagnosi di sindrome metabolica si basa sulla misurazione di alcuni semplici parametri:
- Circonferenza vita: (>102 cm uomo o >88 cm donna)
- Pressione arteriosa: (pressione sistolica ≥ 130 mmHg e diastolica ≥ 85 mmHg)
- Colesterolo HDL: (<40 mg/dl uomo o 50 mg/dl donna)
- Trigliceridemia: (>150 mg/dl)
- Glicemia: (>110 mg/dl)
Per la diagnosi di sindrome metabolica è necessaria la coesistenza di almeno tre fattori di rischio alterati o comunque trattati farmacologicamente.
Le cause di questa sindrome sono da ricercare in una combinazione di scorrette abitudini (dieta e scarsa attività fisica) e predisposizione familiare (genetica). Queste cause portano all’accumulo di grasso addominale, che a sua volta ha un ruolo determinante nel favorire la combinazione dei diversi fattori di rischio.
È estremamente importante sottolineare che la sindrome metabolica aumenta il rischio cardiovascolare in maniera proporzionale al numero di fattori di rischio presenti e con modalità additive all’impatto dei singoli fattori. Sebbene questa sindrome possa essere considerata una condizione clinica di facile individuazione, rimane comunque particolarmente insidiosa sotto il profilo del rischio vascolare. Si tratta infatti di una condizione asintomatica, presente in soggetti relativamente giovani ed apparentemente sani, nei quali le complicazioni aterosclerotiche si manifesteranno molti anni dopo la prima diagnosi.
Per questo motivo, l’identificazione e la valutazione della prevalenza delle diverse componenti che definiscono la sindrome metabolica, sia in diverse popolazioni che in categorie di soggetti caratterizzati da un diverso livello di rischio cardiovascolare, può fornire un approccio aggiuntivo all’interno di specifiche strategie di prevenzione. In termini generali il paziente con sindrome metabolica deve essere considerato l’obiettivo ideale della prevenzione cardiovascolare primaria. Tuttavia, sono necessari studi prospettici con follow-up adeguati per valutare il rapporto costo efficacia della prevenzione primaria in questa particolare popolazione.
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