Il bianco, il bruno e il beige: mille gradazioni di tessuto adiposo

Quando parliamo di tessuto adiposo, o più familiarmente grasso, il pensiero va subito ai classici “rotolini” che non vogliono mai andare via. In realtà, il tessuto adiposo è molto più che un deposito di grasso. Non esiste, infatti, un solo tipo di tessuto adiposo. Ma andiamo per gradi… di colore.

Il tessuto adiposo bianco deve il proprio nome al fatto che le cellule che lo compongono, dette adipociti, presentano una grande goccia lipidica che occupa la maggior parte del loro volume. In effetti, una delle sue funzioni principali è quella di accumulare il grasso come riserva energetica. Questa funzione non deve essere vista solo in senso negativo: se non ci fosse il tessuto adiposo, il grasso si accumulerebbe altrove, creando danni ad organi quali il fegato e il tessuto muscolare scheletrico; ma non è questa la sua unica funzione: il tessuto adiposo bianco comunica con gli altri organi, per esempio segnalando al cervello lo stato di buona nutrizione o, viceversa, uno stato di digiuno. Inoltre, circonda gli organi fungendo da protezione contro possibili traumi. Possiamo avere depositi di tessuto adiposo bianco sia a livello sottocutaneo sia viscerale. Un eccessivo accumulo dell’ultimo è quello che si collega maggiormente a tutti i problemi derivanti dall’obesità.

Vi è un altro tipo di tessuto adiposo: il bruno, comunemente noto perché è più abbondante nelle prime fasi della vita. In realtà le ricerche hanno dimostrato che questo tipo di accumulo adiposo è presente anche nell’adulto. Il tessuto adiposo bruno svolge una funzione molto particolare: contribuisce alla produzione di calore, un fenomeno definito scientificamente con il termine termogenesi. I protagonisti metabolici della termogenesi sono i mitocondri, le centrali energetiche della cellula, talmente abbondanti in questo tessuto da conferire il caratteristico colore rossastro/marrone agli adipociti bruni. In presenza di determinati stimoli, tra cui il freddo, i mitocondri del tessuto adiposo bruno bruciano gli acidi grassi, derivati dai trigliceridi, in quella via metabolica definita come b-ossidazione degli acidi grassi. In questo caso però non si ha produzione di energia (come solitamente accade quando viene attivata questa via metabolica) ma il potenziale energetico viene dissipato sotto forma di calore, anche grazie alla presenza di una proteina chiamata termogenina.

Infine, recentemente è stato scoperto un altro tipo di cellula adiposa, sparsa tra gli adipociti bianchi, soprattutto a livello sottocutaneo. Questo terzo tipo di adipocita si distingue dalle cellule adipose bianche circostanti perché, quando stimolata da opportuni segnali cellulari, tra cui ancora una volta il freddo, comincia a comportarsi in maniera simile all’adipocita bruno: attiva la sintesi di termogenina e brucia gli acidi grassi, producendo calore. Proprio per queste sue caratteristiche intermedie è stata definita beige, intermedio cromatico tra il bianco e il bruno. L’attivazione degli adipociti beige è definita dall’inglese con il termine browning.

Dal momento che gli adipociti bruni e beige sono in grado di bruciare gli acidi grassi e produrre calore, molte ricerche, tra cui quelle condotte nel nostro laboratorio nell’ambito dei progetti finanziati da Fondazione Cariplo, ne studiano intensamente i meccanismi di base nella speranza di poter trovare un interruttore molecolare che li attivi e permetta di bruciare grassi in condizioni di estremo accumulo e di obesità. Questo è il principale motivo per cui la comunità scientifica ha intravisto un grande potenziale nella ricerca di base riguardante proprio questi meccanismi, per scoprire possibili nuovi bersagli terapeutici nella lotta contro quella che ormai viene definita un’epidemia di obesità.


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