Il diabete come fattore di rischio cardiovascolare

Questo è il primo di una serie di post dedicati a una campagna per migliorare la conoscenza e la consapevolezza dei nostri lettori sul diabete mellito, sulle possibili complicanze e sulle possibili terapie. Questo progetto nasce da una collaborazione tra il nostro dipartimento (DiSFeB) e la Società Italiana di Diabetologia (SID) ed è rivolto ai soggetti diabetici, ai loro familiari, agli operatori sanitari e, più in generale, all’intera società civile.

La patologia diabetica è una malattia endocrina caratterizzata dalla distruzione delle beta cellule (diabete mellito di tipo 1) o da un gruppo di malattie, diverse tra loro, caratterizzate da una resistenza all’ormone insulina (diabete mellito di tipo 2) e da un deficit relativo di secrezione di insulina. In particolare, il tipo 2 si associa a un aumentato rischio cardiovascolare [1, 2], con quasi il doppio di probabilità di sviluppare, rispetto ai soggetti non diabetici, una cardiopatia ischemica, cioè una condizione caratterizzata da un insufficiente apporto di sangue e di ossigeno al cuore [3]. Questa tendenza sembra essersi ridotta nell’ultimo decennio, grazie a nuove possibilità di cura. I diabetici non presentano soltanto un maggior rischio di eventi cardiovascolari ma anche una maggior probabilità di un decorso clinico peggiore; ad esempio, il soggetto con diabete di tipo 2, che ha avuto un infarto miocardico, è caratterizzato da una più elevata mortalità nel periodo successivo all’infarto [4]. Nonostante negli ultimi anni la disponibilità di nuovi farmaci sia riuscita a ridurre nei soggetti diabetici l’incidenza di eventi cardiovascolari [5], tali fenomeni rimangono la principale causa di mortalità cardiovascolare.

Profilo lipidico aterogeno

Il diabete è di per sé un fattore di rischio indipendente per le malattie cardiovascolari, anche se è necessario ricordare che in tali soggetti spesso coesistono altri fattori di rischio, quali pressione elevata, un quadro lipidico alterato, l’obesità addominale e l’accumulo di lipidi nel fegato (steatosi epatica), tutti fattori concomitanti che amplificano il rischio di sviluppare malattia cardiovascolare [6, 7, 8]. In particolare, se si guarda ai meccanismi attraverso i quali si  sviluppa l’aterosclerosi, il quadro lipidico del paziente è caratterizzato da quella che con un termine tecnico si chiama dislipidemia diabetica, un insieme di modificazioni del metabolismo correlate tra loro: aumento delle lipoproteine a bassissima densità (VLDL), che causano – a loro volta – un aumento delle lipoproteine a bassa densità (LDL) molto dense e di piccole dimensioni, contenenti una maggior quantità di molecole di apolipoproteina B rispetto al contenuto di colesterolo; inoltre le lipoproteine ad alta densità (HDL) risultano piccole, dense e ricche di trigliceridi [9]. Inoltre, il ridotto metabolismo delle lipoproteine ricche di trigliceridi determina la comparsa di ipertrigliceridemia [10]. Può quindi accadere che i livelli plasmatici di colesterolo LDL possano risultare all’interno del proprio intervallo di riferimento, impedendo un corretto riconoscimento della dislipidemia diabetica, che risulterebbe meglio identificabile dai valori di colesterolemia non-HDL [11]. Quest’ultimo parametro, infatti, stima la concentrazione plasmatica di tutte le lipoproteine in grado di favorire lo sviluppo di aterosclerosi – LDL, VLDL, IDL e lipoproteina (a). La colesterolemia non-HDL potrebbe essere un marcatore utile a valutare l’efficacia di una terapia per ridurre i lipidi nei pazienti diabetici, considerando che il colesterolo non-HDL è riconosciuto come un obiettivo secondario dalle linee guida ESC/EAS 2016 nella valutazione della dislipidemia diabetica [12].

Nell’ambito della colesterolemia LDL – il principale fattore di rischio cardiovascolare – un intervento mirato a ridurre i lipidi plasmatici nel soggetto diabetico porta a una riduzione sia dell’incidenza del rischio che della mortalità. Questo dato mette in luce come la valutazione dell’assetto dei lipidi plasmatici possa essere utile per fare una stima del rischio cardiovascolare, che può quindi essere ridotto attraverso la scelta dei farmaci più appropriati. Infine, gli studi clinici che hanno come obiettivo la valutazione della riduzione degli eventi cardiovascolari a seguito del trattamento con farmaci ipoglicemizzanti ne hanno dimostrato sicurezza ed efficacia proprio in termini di riduzione del tasso di incidenza del rischio e della mortalità cardiovascolare. Gli studi EMPA-REG OUTCOME, DECLARE–TIMI 58, LEADER e SUSTAIN-6 hanno dimostrato una riduzione della mortalità da eventi cardiovascolari durante trattamento con empagliflozin, dapagliflozin liraglutide e semaglutide. Tutte queste recenti osservazioni cliniche evidenziano l’importanza del controllo dei fattori di rischio cardiovascolare nei soggetti diabetici. Nei soggetti ad alto rischio, come quelli con sindromi coronariche acute o con precedenti eventi cardiovascolari, una terapia intensiva finalizzata a raggiungere un valore di colesterolemia LDL inferiore a 70 mg/dL coincide con una riduzione dell’incidenza di nuovi eventi. I soggetti diabetici in terapia con statine hanno mostrato una significativa diminuzione degli eventi cardiovascolari – infarto miocardico, morte per eventi coronarici, rivascolarizzazione coronarica o ictus – in modo lineare alla riduzione della colesterolemia LDL [13, 14].

Box: Benefici clinici della terapia ipolipidemizzante nel soggetto diabetico

  • Nei soggetti ad alto rischio, come quelli con sindromi coronariche acute o con precedenti eventi cardiovascolari, una terapia intensiva finalizzata a raggiungere un valore di colesterolemia LDL inferiore a 70 mg/dL coincide con una riduzione dell’incidenza di nuovi eventi. I soggetti diabetici in terapia con statine hanno mostrato una significativa diminuzione degli eventi cardiovascolari – infarto miocardico, morte per eventi coronarici, rivascolarizzazione coronarica o ictus – in modo lineare alla riduzione della colesterolemia LDL [13, 14].
  • La terapia farmacologica che prevede l’associazione tra statine ed ezetimibe consente di potenziare l’effetto terapeutico ipocolesterolemizzante, riducendo il rischio di eventi avversi associati all’uso di statine ad alte dosi [15].
  • Nell’ambito dei farmaci biotecnologici, in soggetti diabetici ad alto rischio cardiovascolare con colesterolemia non-HDL ≥ 100 mg/dL, gli inibitori della proteina PCSK9, il principale regolatore della colesterolemia LDL, sono risultati più efficaci rispetto all’utilizzo nei soggetti non diabetici: riduzione degli eventi cardiovascolari del 17% nei soggetti diabetici rispetto al 13% in quelli con assenza di diagnosi di diabete [16].
  • L’associazione tra fenofibrato ed ezetimibe determina una riduzione delle microangiopatie diabetiche [17].

Alberto Corsini
Massimiliano Ruscica

1. Emerging Risk Factors C, Sarwar N, Gao P, et al. Diabetes mellitus, fasting blood glucose concentration, and risk of vascular disease: a collaborative meta-analysis of 102 prospective studies. Lancet. 2010 Jun 26;375(9733):2215-22. doi: 10.1016/S0140-6736(10)60484-9. PubMed PMID: 20609967; PubMed Central PMCID: PMCPMC2904878.

2. Gregg EW, Li Y, Wang J, et al. Changes in diabetes-related complications in the United States, 1990-2010. N Engl J Med. 2014 Apr 17;370(16):1514-23. doi: 10.1056/NEJMoa1310799. PubMed PMID: 24738668.

3. Olesen KKW, Madsen M, Egholm G, et al. Patients With Diabetes Without Significant Angiographic Coronary Artery Disease Have the Same Risk of Myocardial Infarction as Patients Without Diabetes in a Real-World Population Receiving Appropriate Prophylactic Treatment. Diabetes Care. 2017 Aug;40(8):1103-1110. doi: 10.2337/dc16-2388. PubMed PMID: 28596210.

4. Donahoe SM, Stewart GC, McCabe CH, et al. Diabetes and mortality following acute coronary syndromes. JAMA. 2007 Aug 15;298(7):765-75. doi: 10.1001/jama.298.7.765. PubMed PMID: 17699010.

5. Rawshani A, Rawshani A, Franzen S, et al. Mortality and Cardiovascular Disease in Type 1 and Type 2 Diabetes. N Engl J Med. 2017 Apr 13;376(15):1407-1418. doi: 10.1056/NEJMoa1608664. PubMed PMID: 28402770.

6. Despres JP. Body fat distribution and risk of cardiovascular disease: an update. Circulation. 2012 Sep 4;126(10):1301-13. doi: 10.1161/CIRCULATIONAHA.111.067264. PubMed PMID: 22949540.

7. Targher G. Non-alcoholic fatty liver disease as driving force in coronary heart disease? Gut. 2017 Feb;66(2):213-214. doi: 10.1136/gutjnl-2016-312891. PubMed PMID: 27679492.

8. Targher G, Lonardo A, Byrne CD. Nonalcoholic fatty liver disease and chronic vascular complications of diabetes mellitus. Nat Rev Endocrinol. 2018 Feb;14(2):99-114. doi: 10.1038/nrendo.2017.173. PubMed PMID: 29286050.

9. Taskinen MR, Boren J. New insights into the pathophysiology of dyslipidemia in type 2 diabetes. Atherosclerosis. 2015 Apr;239(2):483-95. doi: 10.1016/j.atherosclerosis.2015.01.039. PubMed PMID: 25706066.

10. Boren J, Watts GF, Adiels M, et al. Kinetic and Related Determinants of Plasma Triglyceride Concentration in Abdominal Obesity: Multicenter Tracer Kinetic Study. Arterioscler Thromb Vasc Biol. 2015 Oct;35(10):2218-24. doi: 10.1161/ATVBAHA.115.305614. PubMed PMID: 26315407.

11. Mark L, Vallejo-Vaz AJ, Reiber I, et al. Non-HDL cholesterol goal attainment and its relationship with triglyceride concentrations among diabetic subjects with cardiovascular disease: A nationwide survey of 2674 individuals in Hungary. Atherosclerosis. 2015 Jul;241(1):62-8. doi: 10.1016/j.atherosclerosis.2015.04.810. PubMed PMID: 25966441.

12. Catapano AL, Graham I, De Backer G, et al. 2016 ESC/EAS Guidelines for the Management of Dyslipidaemias. Eur Heart J. 2016 Oct 14;37(39):2999-3058. doi: 10.1093/eurheartj/ehw272. PubMed PMID: 27567407.

13. Cholesterol Treatment Trialists C, Kearney PM, Blackwell L, et al. Efficacy of cholesterol-lowering therapy in 18,686 people with diabetes in 14 randomised trials of statins: a meta-analysis. Lancet. 2008 Jan 12;371(9607):117-25. doi: 10.1016/S0140-6736(08)60104-X. PubMed PMID: 18191683.

14. Cholesterol Treatment Trialists C, Baigent C, Blackwell L, et al. Efficacy and safety of more intensive lowering of LDL cholesterol: a meta-analysis of data from 170,000 participants in 26 randomised trials. Lancet. 2010 Nov 13;376(9753):1670-81. doi: 10.1016/S0140-6736(10)61350-5. PubMed PMID: 21067804; PubMed Central PMCID: PMCPMC2988224.

15. Giugliano RP, Cannon CP, Blazing MA, et al. Benefit of Adding Ezetimibe to Statin Therapy on Cardiovascular Outcomes and Safety in Patients With Versus Without Diabetes Mellitus: Results From IMPROVE-IT (Improved Reduction of Outcomes: Vytorin Efficacy International Trial). Circulation. 2018 Apr 10;137(15):1571-1582. doi: 10.1161/CIRCULATIONAHA.117.030950. PubMed PMID: 29263150.

16. Sabatine MS, Leiter LA, Wiviott SD, et al. Cardiovascular safety and efficacy of the PCSK9 inhibitor evolocumab in patients with and without diabetes and the effect of evolocumab on glycaemia and risk of new-onset diabetes: a prespecified analysis of the FOURIER randomised controlled trial. Lancet Diabetes Endocrinol. 2017 Dec;5(12):941-950. doi: 10.1016/S2213-8587(17)30313-3. PubMed PMID: 28927706.

17. Keech A, Simes RJ, Barter P, et al. Effects of long-term fenofibrate therapy on cardiovascular events in 9795 people with type 2 diabetes mellitus (the FIELD study): randomised controlled trial. Lancet. 2005 Nov 26;366(9500):1849-61. doi: 10.1016/S0140-6736(05)67667-2. PubMed PMID: 16310551.

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