Quelli nella foto sono oligodendrociti, le cellule del sistema nervoso centrale specializzate a produrre una particolare sostanza, la mielina, che forma una guaina attorno ai prolungamenti dei neuroni. Solamente con una mielina integra, gli impulsi nervosi possono propagarsi rapidamente da un neurone all’altro.
Purtroppo non è così nella Sclerosi Multipla, una malattia neurodegenerativa in cui il sistema immunitario scatena un attacco contro la mielina. Questa guerra genera molta infiammazione che a sua volta provoca morte degli oligodendrociti e demielinizzazione, ovvero la distruzione della mielina. Tutto ciò è responsabile dei sintomi più frequenti della patologia, che includono fatica, disturbi cognitivi, alterazione della sensibilità, del linguaggio e della coordinazione.
Negli ultimi vent’anni, sono stati sviluppati diversi farmaci immunomodulanti e anti-infiammatori che hanno come obiettivo quello di provare a tenere sotto controllo i sintomi della sclerosi multipla, ma ancora nessuno è in grado di curare le lesioni della mielina.
Ma come è possibile sostituire la mielina danneggiata?
Oggi sappiamo che nel cervello e nel midollo spinale di un individuo adulto ci sono cellule progenitrici di oligodendrociti, che potenzialmente possono generare nuovi oligodendrociti maturi in grado contribuire alla riparazione del tessuto cerebrale con una nuova mielina.
In questo contesto si inseriscono le nostre ricerche guidate da Mariapia Abbracchio e finanziate dalla Fondazione Italiana Sclerosi Multipla e dalla Fondazione Cariplo. Nel corso degli anni i nostri studi hanno dimostrato che una parte di questi progenitori presenta sulla propria membrana un interruttore, chiamato GPR17, che quando acceso indirizza la maturazione a cellule produttrici di mielina. L’accensione di GPR17 permetterebbe quindi la ricostruzione della guaina, non soltanto nella sclerosi multipla, ma anche in altre malattie neurodegenerative dove le disfunzioni della mielina giocano un ruolo fondamentale.
Lo studio, che abbiamo appena pubblicato sulla rivista scientifica Glia, ci dice di più. Infatti si dimostra per la prima volta che i progenitori che esprimono GPR17 possono generare cellule mature in grado di produrre mielina, ma che questa loro capacità dipende dalla “permissività” dell’ambiente circostante. Se nel tessuto cerebrale sono presenti molecole infiammatorie in grande quantità, allora il processo di maturazione di queste cellule è completamente bloccato.
Per provarlo sono stati usati due diversi modelli sperimentali di sclerosi multipla: uno in cui la demielinizzazione è associata a una forte infiammazione, l’altro in cui l’infiammazione è molto minore. In entrambi questi modelli, le cellule progenitrici esprimenti GPR17 erano fluorescenti e potevano quindi essere seguite nella loro evoluzione all’interno del sistema nervoso centrale. Sempre in entrambi i modelli, i progenitori fluorescenti venivano richiamati nel sito della lesione, ma riuscivano a maturare soltanto in quello senza o con poca infiammazione, diventando cellule mielinizzanti in grado di riparare il danno.
Nel complesso questi risultati aprono la strada a future terapie combinate che abbinino sostanze anti-infiammatorie a molecole in grado di accendere GPR17 per potenziarne le capacità riparative.
Coppolino G, Marangon D et al., GLIA, 2018 La ricerca è stata svolta in collaborazione con il Centro Cardiologico Monzino, l'Istituto Scientifico San Raffaele e l'Università di Ulm in Germania.
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